Piazza del Portello: il garage della vergogna

Piazza del Portello è una piazza della Genova ottocentesca creata abbattendo le mura medievali, per le quali era presente un “portello” per accedere alla città, e creare due gallerie, dapprima tramviarie, così da congiungere facilmente due parti della città.

La piazza non ha particolari aspetti architettonici tali da qualificarla come una delle più belle della città, ma è piuttosto un largo spazio di transito posta tra la Galleria Nino Bixio, dal lato di Levante, e la Galleria Giuseppe Garibaldi a Ponente.

Sul lato verso Via Garibaldi, un tempo nota come “Strada Nuova“, Piazza del Portello definisce il retro di tre importanti palazzi nobiliari, accreditati al Sistema dei Rolli: Il Palazzo Lercari Parodi, il Palazzo Angelo Giovanni Spinola e, sul terrapieno che sovrasta l’ingresso della Galleria Garibaldi, il giardino del Palazzo Nicolosio Lomellino, con un “Mirador” che ricorda un minareto.

Dall’altro lato, quello a monte, sorgono dei palazzi ottocenteschi e sono degni di interesse due dei sistemi di trasporto pubblico verticale della città: la Funicolare di Sant’Anna ed l’ascensore di Castelletto Levante.

Al centro della piazza dal secondo dopoguerra era presente un sottopassaggio che univa le due parti. In esso erano presenti alcuni negozi, un calzolaio, una profumeria ed un piccolo negozio di abbigliamento. Negli ultimi anni del ‘900 a seguito di forti piogge, il sottopassaggio fu danneggiato e, quindi, abbandonato prima dai negozi poi, per evitare pericoli, fu chiuso e il passaggio tra i due lati della piazza lasciato ad un attraversamento semaforico.

In anni recenti l’amministrazione comunale del sindaco Bucci deliberò di affidare i diritti del sottosuolo ad un costruttore suo sostenitore e costui presentò un progetto per la realizzazione di 29 posti auto, con due rampe, una di entrata ed una di uscita, costruite sottraendo parte dei marciapiedi e delle corsia stradali.

E’ notizia di pochi mesi fa che un nobile abitante nei pressi ha intentato una azione legale in quanto, egli sostiene, la maggior parte dei posti auto sono stati acquistati da una sola persona, per altro non abitante nei pressi, mentre dovevano essere considerati pertinenziali.

Ora i lavori sono quasi conclusi, ma l’aspetto della piazza rispetto la precedente situazione è notevolmente peggiorata.

Come detto nel lato a monte della piazza vi è l’uscita della breve galleria che condice all’ascensore Castelletto Levante. Esso è considerato uno dei più belli d’Italia, costruito ai nei primi anni del ‘900 in stile Liberty ed usato, oltre che da genovesi,anche da migliaia di turisti che salgono dal centro storico per arrivare al belvedere di Castelletto e ritornare in centro città.

I turisti salendo o scendendo con l’ascensore si trovano a passare da cabine con bellissimo rivestimento in legno‌ e finiture in ottone, poi per una galleria con alle pareti alcuni bassorilievi in ardesia, quindi escono o entrano da una porta in legno e vetro e si ritrovano a passare a fianco della rampa di accesso al garage, e già non possono che notare sia la bruttezza della ringhiera, nemmeno dignitosa per una porcillaia, sia la pavimentazione fatta di basoli in arenaria ottocenteschi, quelli tolti all’inizio dei lavori, poi da orribili pietre rettangolari “Made in China” ed infine dei basoli lisci, del tutto diversi dai primi.

Non ci vuole un esperto per notare quanto sia osceno l’utilizzo di tre tipologie di pietre in pochi metri, ed anche il fatto che quelle lasciate allo stato originario sono state posate da operai esperti “a secco”, lasciando meno di un centimetro tra una pietra e la contigua. I basoli rimossi sono stati posati “ad mentula canis”, utilizzando cemento o calce adesiva nelle fughe, così da lasciare un margine di colore bianco davvero orribile.

Infine un pedone, sia esso genovese o “foresto” dovrà attraversare la piazza al semaforo, e non potrà che notare la colata di conglomerato bituminoso all’ingresso della rampa del garage, colata che è andata a coprire sia dei basoli, sia i percorsi per non vedenti.

L’alternanza basoli storici e pietracce “cinesi” è evidente anche nel lato a mare della piazza, dove si erge il famoso cubotto dell’ascensore, ora dotato anche di una pensilina/tettoia stile Leroy Marlin, in attesa di miglioramenti. Almeno così sembra.

Il Comune è senz’altro connivente e corresponsabile di questo oltraggio alla città e nulla fa o dice e la Giunta comunale esegue silente gli ordini del “podestà“. il Municipio Centro Est è latitante, il Presidente del Municipio Carratù se ne guarda bene da contestare i lavori fatti, giova ricordarlo da un costruttore che più volte si è dimostrato sodale di Attila …. pardon, di Bucci, il peggior reggitore della cosa pubblica dal tempo dei Dogi.

Resterebbe la ma la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova ma essa tace: forse i suoi architetti non passano mai da lì, oppure chiudono gli occhi o hanno un diverso concetto di bello.

Speriamo ci sia un “Giudice a Genova” che indaghi su questo sconcio, vero oltraggio alla città ed ai cittadini.

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E’ vietato proibire…è proibito vietare

Lustrissimo signor Sindaco.

vengo io con questa mia addirvi (una parola) che non sono per nulla d’accordo con la sua recente grida nella quale si vieta ai cittadini di consumare, in certe ore ed in certi luoghi, bevande alcooliche. In aggiunta è pure vietato sostare magari appoggiato ad un muretto a meno che non sia uno spazio all’uopo approntato dal Comune.

Partiamo dal primo divieto: Ella vieta tassativamente, con alcune differenze tra una parte ed altre della città, di consumare bevande alcooliche, anzi di detenerle, a meno che la somministrazione non sia fatta in un dehor di qualche esercizio commerciale.

Se ben ricordo Ella è un farmacista, per cui certamente avrà ben presente il metabolismo dell’etanolo, dove e come esso avviene, quali siano gli effetti che produce in base alle quantità ingerite e metabolizzate (euforia, eccitazione quando la quantità ingerita non è elevata, ma anche depressione, narcosi quando è elevata).

Ella non può che confermare quanto sopra, tenendo conto che da decenni la biochimica ha studiato e definito con certezza scientifica i meccanismi che intervengono nel metabolismo dell’etanolo.

In nessun caso, pur avendo ripetutamente rivisto all’uopo le mie conoscenze di biochimica, ho letto di una differenza tra il metabolismo alcoolico di bevande acquistate al supermercato e consumate su una spiaggia, su una panchina (quando se ne trova una non rotta), o di sera al Righi rimirando le stelle e quello, il metabolismo, di bevande assunte in un dehor.

E’ passato quasi mezzo secolo da quando seguivo le interessanti lezioni del prof. Pontremoli, eminente biochimico ed in seguito Rettore magnifico dell’Università di Genova, quindi forse mi sono perso qualcosa e lei potrebbe illuminarmi.

Forse i dehors hanno delle capacità di modificare il metabolismo ? Forse detti dehors hanno la capacità, per a me ignoti motivi, di aumentare l’azione delle deidrogenasi, quella alcoolica e quella aldeidica ?

Reminder:

Metabolismo Etanolo
Schema del metabolismo dell’etanolo

Dato che non credo al fatto che i dehors possano quanto sopra, mi viene da pensare che forse è tutto un meccanismo un po’ subdolo per favorire i ristoratori che peraltro, se non erro, utilizzano gratuitamente spazi pubblici nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia Covid-19 siano terminate.

Esimio dott. Bucci, a Genova ci sono molti giovani che non trovano lavoro, per i quali uno svago poco costoso può essere quello di una passeggiata a Nervi o in Corso Italia, una sosta in una caletta, una birra da 70 centesimi bevuta con gli amici e la lattina correttamente smaltita. La stessa birra in un locale con dehor costa, se va bene 10 volte tanto.

Per lei che ha un discreto stipendio da sindaco, unito ai 200.000 euro come commissario per la ricostruzione del ponte sul Polcevera ( a proposito, aveva detto che avrebbe rinunciato al compenso: come è finita la cosa ? Da quanto ho letto Lei non ha risposto alle interrogazioni in Consiglio comunale), la differenza tra 70 centesimi e 7/8€ è irrilevante: per molti genovesi non lo è.

Vorrei concludere con una osservazione: a Genova la fugàssa si deve mangiare al mattino “pucciandola” nel caffelatte, mentre al pomeriggio, come facevano i lavoratori del porto, meglio nella declinazione “cun a çiòula“, associandola “ad un gotto de vìn giànco” si mangiava con i colleghi e questo per recuperare un po’ di energie. Con il suo editto lei stronca una delle più belle tradizioni genovesi.

Circa il secondo divieto, quello di “stazionare” in certi luoghi della città, davvero mi fa rabbrividire perchè mi ricorda che ciò era già stato sancito dalle leggi fasciste, materia per fortuna rivista dai Padri Costituenti nell’art.17 della Costituzione.

Lustrissimo Signor Sindaco, dopo la sparata dei 300.000 o dei 600.000 (perchè non un fantastilione ?) visitatori all’Ocean Race, questo editto proibizionista ce lo poteva risparmiare.

Si occupi, piuttosto, del benessere dei suoi cittadini, non del piacere di presunti milanesi del weekend, si guardi intorno: la vede la spazzatura che fuoriesce dai contenitori ? Le sente le buche dell’asfalto ? Li vede gli alberi capitozzati male, le aiuole prive d’erba, le strade ridotte a selve oscure a causa dei mancati sfalci, il traffico ogni giorno più intenso a causa di servizi pubblici insufficienti, o per le piste ciclabili utilizzate da pochissimi, l’assenza di cessi pubblici in una città che vorrebbe essere turistica ?

Lei ha pochi record di cui andare fiero: siamo la città con l’aliqute IMU più alte e la TARI più alta in Italia; abbiamo la metropolitana (ora ferma) più corta del mondo, gli autobus diesel vecchi di 20 anni e più inquinanti (mentre ai cittadini è vietato accedere al centro con auto Euro 3).

A Lei sono interessati solo progetti faraonici quanto impattanti sul territorio e, per altro, calati dall’alto: Funivia dei forti, Skymetro della Val Bisagno, Garage interrato di Piazza Portello quasi “regalato” ai privati, nuovi supermercati per uccidere il commercio di prossimità, il vecchio Mercato del pesce anche esso quasi “regalato” ai privati; un nuovo forno crematorio inquinante per i cittadini della Val Bisagno, ma redditizio per chi lo gestirà, il trasferimento dei depositi costieri a poche centinaia di metri dalla abitazioni dei sampierdarenesi. E, nella parte che riguarda il Comune, la mega diga che sconvolgerà l’assetto del litorale di Ponente.

Genova non merita questo.

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Uno,Trecentomila,Seicentomila…

Si è concluso l’evento velistico Ocean Race, fortemente voluto dall’amministrazione comunale di Genova, molto usa al “Panem et Circenses” piuttosto che a lavorare seriamente per migliorare la vivibilità ed fermare la continua migrazione di genovesi verso altre città.

Il sindaco Bucci aveva pronosticato la presenza di almeno 300.000 visitatori nei giorni della kermesse. Alla conclusione della stessa ecco che il personaggio, credendo di avere dei concittadini che credono alle favole, ha sparato la cifra di 600.000 visitatori: insomma, un successo epocale.

Chi abita dalle parti della ex-fiera del mare, ora “Waterfront” (in costruzione) avrà notato che i parcheggi della zona erano ampiamente disponibili, anche nelle immediate vicinanze, gli stalli provvisori di Corso Aurelio Saffi e Corso Maurizio Quadrio mai utilizzati, se non in minima parte di fronte le Mura delle Grazie, però sicuramente da visitatori del Porto antico e dell’Acquario che, come è noto, è lì vicino.

Forse qualcuno deve aver fatto capire al dogetto che l’aveva sparata grossa, per cui ecco che l’ineffabile tira fuori dal cappello il suo coniglio: il numero previsto è stato ampiamente superato, anzi raddoppiato, facendo entrare nella conta sia chi ha partecipato alle attività specifiche dell’Ocean Race, ma anche chi è andato al concerto dell’azienda di mutande, poi alla passeggiata musicale e, questa è davvero grande, anche chi era al Porto Antico dove c’è l’Acquario.

Già che c’era poteva anche inserire nella conta chi viaggiava nel tratto genovese dell’autostrada, chi usciva o entrava nella Sopraelevata, chi abitando alla Foce portava il cane a pisciare o il sacchetto della rumenta, chi voleva farsi una passeggiata in Corso Italia, o, come ho fatto io, una ai Parchi di Nervi.

La sparata dei 600.000 visitatori dell’Ocean Race deve aver fatto sorridere anche gli addetti ai lavori, ovvero chi era dentro lo spazio dedicato alla manifestazione e che ha potuto constatare che le presenze erano una frazione di quante dichiarate.

Ed ecco il secondo coniglio: l’esimio doge forse si è accorto di averla sparata grossa e, nelle successive dichiarazioni alla stampa, ha corretto un po’ il tiro: sono sempre 600.000 i visitatori ma forse un po’ di persone sono state contate due volte, magari tre, quattro. Come dire che uno davvero interessato se è andato 3 o 4 volte a vedere le barche, poi a mangiare un panino al Porto Antico, magari una visita all’Acquario, poi il concerto, la sfilata, magari si è fermato per cena, magari ha pernottato  ed ecco che uno vale 9/10.

Parliamone seriamente: 300.000, 600.000, 1.000.000, financo un fantastilione di disneyana memoria, sono cifre sparate ad mentula canis. Con i numeri non si può scherzare, e la Statistica è scienza basata sui numeri, non sulle apparenze o sulle convenienze, ma sulla rilevazione di un fenomeno e di quante volte lo stesso si replica.

Pertanto, Bucci deve giustificare scientificamente i numeri da lui sparati pubblicamente, come essi siano stati rilevati, gli eventuali metodi di rielaborazione. Questo è un obbligo morale nei confronti della cittadinanza. In difetto egli apparirà come un venditore di fumo.

I dati che potrebbero servire a ridare un po’ di valore statistico alle sparate del doge sono l’utilizzo dei parcheggi all’uopo approntati e di quelli al Porto antico, il numero di ticket emessi, la durata delle soste, il numerodi  visitatori dell’Acquario nei medesimi giorni, le occupazioni alberghiere, i coperti ai ristoranti, l’utilizzo dei mezzi di trasporto. Tutti dati da paragonare a quelli della settimana precedente e della successiva all’evento.

Un esempio: è stato detto da qualcuno che nei dieci giorni della manifestazione tuttti gli hotel di Genova e vicinanze erano “sold out“, come sempre avviene per i Saloni nautici. Io ho provato su due piattaforme di booking online a prenotare una camera per il weekend 1/2 luglio: tutti gli hotel avevano posti disponibili, di diverse tipologie di camere, anche se i prezzi erano abbastanza alti.

Solo conoscendo questi dati, e quelli relativi agli impegni di spesa del Comune e alle sponsorizzazioni si potrà verificare se la manifestazione ha avuto successo oppure sia stato un flop clamoroso.

Spero che l’opposizione in Consiglio Comunale una volta per tutte tiri fuori gli attributi e contesti questi dati e, soprattutto, chieda che sia reso pubblico quanto l’evento sia costato alla città, ad oggi, e non con formule di comodo tipo “ci sarà un ritorno nel 2024/2025” perchè non vorrei che debbano essere i cittadini di Genova a pagare, con aumenti di aliquote IMU e per la TARI o tagli di servizi, eventuali e forse probabili buchi di bilancio.

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Le Mura della Malapaga: degrado

Le Mura della Malapaga risagono alla fine del XIII secolo e prendono il nome dalla vicina prigione dei debitori insolventi. Fanno parte del quartiere del Molo e sono tra le meglio conservate del sistema murario genovese.

Sono state magicamente descritte, insieme a una buona parte del centro storico, nel film omonimo del registra francese René Clément, girato nel 1949 e vincitore di un premio Oscar come miglior film e un premio al Festival di Cannes. Jean Gabin, Isa Miranda, la giovane Vera Talchi, Andrea Checchi, Ave Ninchi sono stati i protagonisti di questo grande film.

Oggi le Mura della Malapaga hanno alla loro base la strada che porta al Porto Antico, ai Magazzini del Cotone ed agli attracchi di enormi yacht ed anche a diversi parcheggi.

In altre parole sono l’ingresso al più importante porto turistico di Genova e alle attività ad esso connesso. E come nelle vecchie case patrizie l’ingresso era il locale più ben tenuto e considerato qualificante per i proprietari, anche l’accesso stradale al Porto antico dovrebbe esserlo.

Invece le Mura sono un proliferare di piante infestanti, alcune alte oltre un metro, che si insinuano tra le pietre. Anche dal versante interno del bastione la situazione non è buona.

Non so se la manutenzione spetti al Comune, al Municipio 1, al Porto antico, ma di certo al momento nessuno se ne occupa.

E poco distante è possibile ammirare uno dei moli medievali ancora esistenti, interessanti anche per i reperti (credo ancore) lì adagiati. Ma questi moli sono ricoperti, senza una logica, da piante di ogni tipo, anche da un’agave, da pietrisco buttato così, e, come ovvio, anche da reperti di origine umana: lattine, bicchieri in plastica, cicche, fazzoletti in carta.

Sarò noioso, ma è possibile che ci sia da parte degli amministratori pubblici un così marcato disinteresse per la pulizia, la bellezza ?

11:29
Le Mura della Malapaga: degrado
19 Giugno 2023

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Le scalinate monumentali di Genova ed il loro degrado

A Genova ci sono tre scalinate monumentali che avevano ed hanno il compito di superare il dislivello esistente tra il centro storico e l’ottocentesca Circonvallazione a monte. Di queste due hanno le scalinate prima divergenti e poi convergenti ed una, al termine di via Caffaro, le scalinate sono laterali per consentire anche il passaggio di mezzi a ruota.

Via Palestro, forse la più imponente, con le scale che alla base arrivano in una fontana abbeveratoio. Dipinte a strisce con colore tipico di Genova, ed al centro un grosso rosone col simbolo della città.
Purtroppo lo stato di manutenzione è pessimo. Il lato di ponente è abbruttito dal parcheggio interrato e dal suo ascensore. Il rosone è quasi illeggibile, alla base spuntano due alberi di fico, mentre il terrapieno di levante, che sorregge l’acquedotto storico, è coperto da vegetazione totalmente incolta.

Via Caffaro: le scalinate sono ai lati, scendendo dai terrapieni della strada e del condotto dell’acquedotto storico. Dai muraglioni fuoriesce acqua, la vegetazione ha preso il sopravvento ed è pericolosa per chi scende. Il lato di ponente, verso Passo Barsanti, sembra una foresta.

Via Pertinace: tre le due scalinate in basso si osserva una fontana con un bel bassorilievo religioso e la data di costruzione. 1895. Peccato che sia tutto in pessime condizioni, direi un vero schifo, ed anche qui dai muraglioni ottocenteschi proliferano piante infestanti che, in alcuni casi, diventano alberi.

Ma i responsabili della manutenzione, siano essi del Comune o del Municipio I, un minimo di vergogna nel vedere lo stato delle tre scalinate non lo provano ? Possibile che non riescano a cogliere il significato storico e culturale di queste opere mentre preferiscono spendere soldi per le sagre di salami e focacce ?

Mala tempora currunt con amministratori di così infimo livello, attenti non ai bisogni dei cittadini, ma a quelli degli amici.

PS: ci sarebbe una quarta scalinata monumentale, quella tra il parco e la Villa Gruber-De Mari, ma non è nata con lo stesso scopo delle precedenti, ma solo per consentire il passaggio dalla villa al parco.

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Corso Italia: il degrado della pavimentazione

Corso Italia da da tempo avrebbe diventare una “promenade” come quella “Des Anglais” di Nizza o come la “Croisette” di Cannes. Invece è rimasta una passeggiata distante almeno 50/100 metri dal mare, spazio in cui, senza soluzione di continuità o quasi, vi sono stabilimenti balneari.

Comunque passeggiando sul marciapiedi lato mare è sempre gradevole, specie nelle giornate non estive, quelle un po’ uggiose o scaldate da un tiepido sole.

Una ventina di anni fa la pavimentazione del marciapiede a mare fu completamente rifatto, con ottimi risultati. Piastrelle color mattone scuro, altre più chiare vicine alle precedenti, altre a disegnare rose dei venti.

Qualche anno fa il sindaco Bucci decise di disegnare una pista ciclabile restringendo le corsie per le auto, sia dal lato mare che da quello a monte. Un idea davvero infausta, in quanto lo spazio per i pochi ciclisti era delimitato solo da una striscia bianca, e quindi la pericolosità per chi la percorreva era decisamente elevata.

Lo scorso anno lo stesso ineffabile sindaco decise per un rifacimento completo del marciapiede e delle corsie stradali a monte, creando in tal modo una pista ciclabile, rubando un po’ di spazio al marciapiede e un po’ alla corsia stradale.

Il lavori che dovevano essere conclusi prima dell’estate, sono stati completati in ritardo intono a metà agosto. Quello che ancora resta da completare sono le panchine con fioriere, visto che è stato scelto un tipo che è in orribile cemento e che dovrebbe essere rivestito di finto granito.

Di una cosa, però, non si parla: del marciapiede. Questo presenta diverse mattonelle divelte, altre spaccate, le giunture tra file di mattonelle si sono allargate tanto da consentire la crescita di erba all’interno, altar vegetazione è nata tra la pavimentazione e le balaustre, belle ma prive di manutezione e spesso usate come orinatoi di cani.

Insomma, il degrado del marciapiede è evidente e non si sa se si provvederà ad una adeguata manutenzione.

Questo è il risultato di anni di incuria da parte della amministrazione comunale che, sfortunatamente, è appena stata rieletta, per cui avrà davanti molti anni per proseguire nel favorire il degrado della città.

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Turisti alla Villetta Di Negro

Stamattina sono stato a passeggiare alla Villetta Di Negro. Come ho già scritto in altro articolo, la Villetta rappresenta per me un “luogo del cuore” avendo passato tra i suoi viali sia l’età della fanciullezza, sia quella dell’adolescenza.

Oltre a camminare un po’ al fresco dei maestosi alberi volevo approfittare per testare un obiettivo della mia fotocamera.

Era metà mattinata di domenica, ed ho subito notato che la Villetta era molto animata da molte persone, indubbiamente turisti. Come la cascata scenografica è una delle parti più apprezzate e sfondo per fotografie. Infatti una decina di persone era lì aspettando il “turno” per effettuare qualche foto o selfie. Mentre anche io attendevo, una giovane si guarda intorno per depositare una carta, forse una confezione di biscotti, nel contenitore dell’immondizia. Peccato che lo stesso, come da foto da me scattata, era stracolmo, probabilmente non svuotato da giorni.

La giovane, forse percependo il mio disagio di genovese, mi chiede se vi fosse vicino un’altro contenitore. Le rispondo: “I’m sorry, but there are no empty garbage cans here. You can try  in the upper area, at the end of this staircase“.

La ragazza con i suoi amici si incamminano per la salita, ed io seguo a breve distanza. Arrivati alla zona che si chiamava “del laghetto” o “della Bandiera“, vedo la fanciulla accanto ad un altro  contenitore ancora più strabordante di “rumenta“. Passo vicino, le sorrido, e le dico “This is Genoa… Ask Major Bucci“.

Per fortuna la fanciulla ha pensato bene di tenersi la cartaccia anzichè, come avrebbero fatto molti altri, gettarla per terra accanto al contenitore.

Scendo in altra parte della Villetta, sotto il Museo, e lì un gruppetto di persone, italiane, sedute su alcune panchine a riposare all’ombra. Anche lì l’unico contenitore è stracolmo, tra l’altro con un cartone dentro, e sento una signora, con in mano una bottiglietta di acqua minerale, chiedere “Ma non ci sono i contenitori per la differenziata ?

Da genovese mi sono vergognato. Ma, di certo, dovrebbe vergognarsi di più il sindaco bucci (minuscola voluta), che è interessato solo a inutili monorotaie, dissalatori, funivie, euroflore, supermercati e non si occupa dei beni storici della città, come sono i parchi e le ville comunali.

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Villetta Di Negro: il degrado continua

Conosco molto bene la Villetta Di Negro, una delle più belle ed interessanti del centro di Genova. Alti alberi, ad esempio il platano monumentale, vialetti che corrono tra aiuole, tranquilli luoghi dove riposare al fresco in un gazebo o,semplicemente, su una panchina.

Come già scrissi ho passato buona parte della mia infanzia e della mia adolescenza nella Villetta, esplorandone ogni palmo ed ogni luogo lo ricordo come fosse oggi. A pochi metri dall’ingresso principale due laghetti che ospitavano cigni ed anatre, ora solo qualche tartaruga. Le voliere con diversi uccelli colorati, oggi abbandonate. Le grotte, dove si sperimentavano i primi rapporti con le ragazze, da decenni chiuse da inferriate. La cascata coreografica, quella per fortuna ancora funzionante, e la salita alla parte sommitale allora chiamata la “bandiera“.

E nella parte bassa il “quadrato” dove tra curatissime aiuole le mamme e le nonne solevano sedere sulle panchine mentre noi bambini correvamo a perdifiato nei vialetti, ben attenti a non calpestare le aiuole anche per la costante presenza di un vigile urbano.

Sì, perchè lì un alto pennone faceva sventolare la bandiera di Genova. Non molto tempo fa della bandiera non restava che una minima parte per cui inviai al Comune la segnalazione e devo dire che in poco tempo la bandiera fu sostituita. Peccato che sia stata usata una bandiera che dopo pochi mesi già presenta lacerazioni.

Sempre in quello spazio due elementi sono presenti: la pagoda e il laghetto con putto e pesce. Entrambe sono in condizioni penose da lungo tempo. La pagoda, da cui si gode una visione di piazza Corvetto e dell’Acquasola è chiusa da una rete in quanto alcune parti sono pericolanti.

Il laghetto da decenni non vede una goccia d’acqua, se non quella meteorica, sul pavimento aghi di pino, spazzatura ed un triste putto con pesce, che ha perso il suo colore originale del bronzo per acquistare quello della ruggine e lì resta in attesa di poter far zampillare ancora dal pesce un filo d’acqua.

Eppure ci vorrebbe poco: a cinque metri c’è la cascata e basterebbe una piccola condotta interrata per ridare al laghetto la sua dignità.

Già, ci vorrebbe poco, ma nemmeno quel poco è nelle intenzioni del Comune, in particolare dell’attuale sindaco Bucci, che non ha mai mostrato interesse per il bene comune costituito dai parchi e dalle ville comunali. E malauguratamente è stato rieletto, così possiamo già prevedere che nel prossimo quinquennio di mandato la bella Villetta Di Negro sarà lasciata al suo inevitabile degrado.

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