Acquedotto storico di Genova

La “Via dell’acqua” genovese ha origine nell’epoca romana, con un sistema di acquedotto in pietra che convogliava l’acqua del torrente Bisagno alla città, arroccata sul “castrum” o Castello.

Nel medioevo, secondo alcuni intorno al 1050, secondo altri alla fine del XIII secolo, con l’espansione della città e l’approvigionamento delle navi mercantili e militari, le necessità idriche aumentarono in modo sensibile, per cui l’acquedotto romano fu ampliato creando delle prese in zone di altura più piovose, attingendo da diversi torrenti e rivi affluenti del Bisagno, creando canalizzazioni che mantenevano una inclinazione di 2‰ e terminavano in città in grandi cisterne nelle quali, spesso nelle fondamenta di palazzi nobiliari o in cisterne pubbliche. Dell’acquedotto romano non esistono tracce, in quanto perse con l’estensione della città e l’urbanizzazione delle rive di torrenti e rivi.

Agli inizi del XVII secolo il Magistrato delle acque decise di prolungare la captazione delle acque fluenti del Bisagno partendo dalla zona di Bargagli detta “Schienadasino” e che divenne quindi “La Presa“, nome che mantiene tutt’ora.

Da notare anche che fino alla Presa il torrente storicamente ha nome “Bargaglino” e diventa “Bisagno” dopo la confluenza del torrente Lentro.

Il percorso dell’acquedotto secentesco partiva, quindi, da La Presa di Bargagli e seguiva un percorso che manteneva l’inclinazione del 2‰, seguendo le curve date dalle valli che incontrava. La franosità di alcune delle valli, ad esempio quella del Geirato, fecero sì che gli ingegneri della Repubblica genovese progettarono alcuni ponti canali e, al fine di mantenere la portata dell’acqua, la costruzione del primo ponte sifone, quello sul Geirato che ebbe una lunga gestazione, tanto che fu costruito nella seconda parte del XVIII secolo.

Nell’800, considerato l’aumento della popolazione genovese e della aumentata richiesta di acqua, su progetto di Carlo Barabino furono costruiti altri ponti canale, al fine di ridurre la lunghezza dell’acquedotto, sia il ponte sifone del Veilino che sovrasta il Cimitero di Staglieno.

Con l’urbanizzazione ottocentesca, la parte di acquedotto successiva al Cimitero di Staglieno è visibile solo a tratti, e da Piazza Manin, si porta ai corsi della Circonvallazione a monte, riconoscibile in due strade semi nascoste, Passo dell’Acquidotto, e dal lastricato in pietra di Luserna che è diventato marciapiedi dei corsi. Arrivati all’inizio di Corso Magenta l’acquedotto si biforcava con una parte, detta di Levante, che scendeva lungo il convento dei Cappuccini, poi seguiva fino a Porta Soprana, al colle di Sarzano ed arrivava alla zona della Chiesa delle Grazie ove era una grande cisterna. Il ramo di Ponente seguiva fino a Castelletto, con un ponte, ancora visibile, oltrepassava Salita San Gerolamo, scendeva a valle verso via Cairoli (nel tratto sono visibili diversi manufatti, chiusini di “bronzini“, ed anche un “castello d’acqua” in Salita della Rondinella). Da Via Cairoli proseguiva a Porta di Vacca, Sottoripa, fino al Molo vecchio.

L’attuale percorso è di circa 25 Km e negli ultimi anni, per l’attività di volontari, sono stati ripristinati e sono mantenuti diversi tratti che, come dimostrano i video, sono percorribili, nella stragrande maggioranza, da tutti.

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La presa di Bargagli Da Cavassolo ai filtri di Prato Il tratto della Galleria della Rovinata
Il tratto del rio Torbido Da San Siro di Struppa a Molassana Il ponte sifone sulla valle del Geirato
Dal ponte sifone sul Geirato a Cà dei Frati Da Cà dei Frati alla frana di Crosa dei Morchi Il Ponte sul rio Trensasco
Il primo tratto sul rio Cicala Il secondo tratto sul rio Cicala Il tratto da Preli a Staglieno
Il ponte ed il tratto di Sant’Antonino Da via Burlando alla galleria del Veilino Il tratto di Castelletto
     

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