XXV Aprile 2024: Manifestazione a Genova

Si sono svolte in tutte le città e paesi d’Italia manifestazioni per la ricorrenza del XXV Aprile, festa della Liberazione.

A Genova una grande manifestazione di giovani e meno giovani ha percorso via XX Settembre ove sotto il ponte Monumentale è stato letto l’atto di resa delle truppe tedesche ai partigiani del CLN.

In Piazza De Ferrari si sono avuti interventi di alcuni rappresentanti delle istituzioni, compreso il sindaco Bucci, che ne avrebbe fatto volentieri a meno.


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VIDEO

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Sopraelevata Aldo Moro: che fare ?

E’ iniziato con largo anticipo il dibattito sull’utilità della sopraelevata Aldo Moro di Genova quando sarà stato costruito il tunnel sub-portuale. Non commento il progetto del tunnel in quanto non ho competenze in merito, ma l’ipotesi di una demolizione di parte o di tutta la sopraelevata mi sembra degna di discussione.

La strada sopraelevata Aldo Moro si estende per 4.5 km, circa 6 km considerando gli accessi, seguendo l’andamento delle strade sottostanti, a loro volta insieme al porto, seguenti la linea di costa.

Fu costruita nei primi 5 anni del ’60 con un uso massivo dell’acciaio, con 201 piloni a sorreggere le due carreggiate, ciascuna a doppia corsia.

la sopraelevata sicuramente ha costituito una cesura tra la città ed il porto, più che altro dal punto di vista visivo e per i palazzi che si trovano a breve distanza, specie nel tratto contiguo a Via Gramsci.

Come ho detto si è trattato di una cesura visiva, in quanto prima della costruzione il porto era già separato con inferriate dalla città. Di questo ne ho memoria diretta. Chi doveva accedere per qualche motivo doveva passare per dei varchi controllati dalla Guardia di Finanza in quanto era frequente il contrabbando.

Ora, con il progetto del tunnel sub-portuale, molti hanno proposto di demolire tutta la sopraelevata, oppure di limitare l’abbattimento alle zone dove l’inquinamento visivo è maggiore, ad esempio la zona di Mura delle Grazie, di Via Turati, di Caricamento, di Via Gramsci.

Questo ricongiungimento città-porto-mare avrebbe un senso ma è da osservare che il mare è quello portuale, non certo quello fruibile per la balneazione. Ed il porto antico è dall’ Expo del 1992 in parte fruibile.

I favorevoli al mantenimento della sopraelevata sostengono che ormai essa è integrata nel panorama della città e i costi di demolizione e riassetto urbanistico sarebbero elevatissimi. Mantenendola insieme al tunnel si avrebbe un doppio percorso che dalla Foce arriva a Sampierdarena, lasciando alle strade storiche il solo traffico locale.

Da qualcuno è anche nata l’idea di lasciare la sopraelevata ma utilizzarla come un percorso verde pedonale e in parte ciclabile, con la possibilità di apprezzare sia le palazzate, sia il porto antico, sia la stazione marittima, ed il porto commerciale, fino alla Lanterna, simbolo della città. Questo potrebbe essere un’idea vincente, ma temo che non sia nelle corde di chi vuole ad ogni costo che ci sia un rientro economico.

Nel video ho registrato l’intero percorso Foce-Sampierdarena per vedere i tempi di percorrenza: a velocità consentita ci ho messo 7 minuti e 20 secondi. Va bene che non era un’ora di grande traffico, ma a me non è mai capitato di vedere code, se non raramente per incidenti.

Quindi concludendo: vale la pena di demolire la sopraelevata Aldo Moro e costruire un tunnel costoso e che molti cittadini non percorreranno per paura di restare intrappolati in caso di incidente ?

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25 aprile

79° Anniversario della Liberazione

Oggi, 25 aprile 2024, cade il 79° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

La data ricorda il giorno della Liberazione di Milano, ma giova ricordarne una altrettanto importante: il 23 aprile, quando le forze Partigiane liberarono Genova. Fu la prima città in Europa liberata dai combattenti non inquadrati negli eserciti alleati ma nel Corpo Volontari della Libertà.

Ai Partigiani, agli Eroi che hanno dato la vita cadendo in combattimento, a quelli che nel tempo sono stati la memoria storica della Liberazione e ai pochi ancora in vita , deve andare il pensiero riconoscente della Nazione. Riconoscenza che si deve esplicare proprio nel mantenere vivo, da parte di chi è venuto dopo e di chi verrà, il ricordo di ciò che fu il più grande movimento popolare dell’Italia moderna: la Resistenza.

A coloro che, invece, si schierarono con l’invasore nazista aderendo alla Repubblica sociale, vada il perenne ludibrio nessuna pietà. Lo stesso a coloro che oggi vorrebbero far tornare indietro l’orologio della storia ad un periodo in cui la Libertà fu cancellata dalle peggiori dittature.

Purtroppo ogni giorno che passa si osserva una deriva neo o post-fascista da parte del governo o delle amministrazioni locali. Come ha scritto Antonio Scurati costoro cercano di riscrivere la storia, attribuendo le responsabilità ai nazisti e dimenticandosi la connivenza e collaborazione data dai fascisti repubblichini.

ORA E SEMPRE RESISTENZA

 

 

Partigiani
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80 anni dalla strage della Benedicta

Sono trascorsi 80 anni dalla strage della Benedicta, una delle più efferate avvenute intorno a Genova.

Tra il 6 aprile e l’11 aprile 1944 75 partigiani appartenenti alle Brigate Garibaldi, furono massacrati da militari della Guardia Nazionale Repubblicana con l’aiuto di reparti nazisti.

La strage avvenne in località Benedicta nei pressi dell’abitato di Capanne di Marcarolo, nel comune di Bosio, sull’Appennino ligure, poco lontano dal confine con la provincia di Genova.

Allo scopo di far venir meno il sostegno dato dagli abitanti del luogo e dei paesi vicini ai gruppi antifascisti, i comandi repubblichini, di concerto con le truppe naziste, organizzarono rastrellamenti che portarono a scontri armati con la Brigata Autonoma Alessandria e la III Brigata Garibaldi della Liguria.

Queste forze Partigiane, per lo più costituite da giovani male armati, furono soverchiate dai nazifascisti contando ben 147 morti, dei quali 75 catturati furono fucilati dai Granatieri repubblichini il 7 apile 1944.

I Partigiani catturati furono in parte avviati ai ai lager tedeschi; altri 17 partigiani furono fucilati il 19 maggio vicino al passo del Turchino, insieme ad altri 42 prigionieri, come rappresaglia per l’ attentato contro un gruppo di soldati tedeschi che si trovavano al cinema Odeon di Genova.

A 80 anni da questo evento, di cui è accertata la responsabilità di fascisti italiani, stiamo assistendo a rigurgiti di quella ideologia, con tentativi di riscrivere la storia diminuendo le responsabilità di italiani al soldo dei nazisti, come avviene anche in altre stragi, partendo da quella delle Fosse Ardeatine.

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Piazza del Portello: il garage della vergogna

Piazza del Portello è una piazza della Genova ottocentesca creata abbattendo le mura medievali, per le quali era presente un “portello” per accedere alla città, e creare due gallerie, dapprima tramviarie, così da congiungere facilmente due parti della città.

La piazza non ha particolari aspetti architettonici tali da qualificarla come una delle più belle della città, ma è piuttosto un largo spazio di transito posta tra la Galleria Nino Bixio, dal lato di Levante, e la Galleria Giuseppe Garibaldi a Ponente.

Sul lato verso Via Garibaldi, un tempo nota come “Strada Nuova“, Piazza del Portello definisce il retro di tre importanti palazzi nobiliari, accreditati al Sistema dei Rolli: Il Palazzo Lercari Parodi, il Palazzo Angelo Giovanni Spinola e, sul terrapieno che sovrasta l’ingresso della Galleria Garibaldi, il giardino del Palazzo Nicolosio Lomellino, con un “Mirador” che ricorda un minareto.

Dall’altro lato, quello a monte, sorgono dei palazzi ottocenteschi e sono degni di interesse due dei sistemi di trasporto pubblico verticale della città: la Funicolare di Sant’Anna ed l’ascensore di Castelletto Levante.

Al centro della piazza dal secondo dopoguerra era presente un sottopassaggio che univa le due parti. In esso erano presenti alcuni negozi, un calzolaio, una profumeria ed un piccolo negozio di abbigliamento. Negli ultimi anni del ‘900 a seguito di forti piogge, il sottopassaggio fu danneggiato e, quindi, abbandonato prima dai negozi poi, per evitare pericoli, fu chiuso e il passaggio tra i due lati della piazza lasciato ad un attraversamento semaforico.

In anni recenti l’amministrazione comunale del sindaco Bucci deliberò di affidare i diritti del sottosuolo ad un costruttore suo sostenitore e costui presentò un progetto per la realizzazione di 29 posti auto, con due rampe, una di entrata ed una di uscita, costruite sottraendo parte dei marciapiedi e delle corsia stradali.

E’ notizia di pochi mesi fa che un nobile abitante nei pressi ha intentato una azione legale in quanto, egli sostiene, la maggior parte dei posti auto sono stati acquistati da una sola persona, per altro non abitante nei pressi, mentre dovevano essere considerati pertinenziali.

Ora i lavori sono quasi conclusi, ma l’aspetto della piazza rispetto la precedente situazione è notevolmente peggiorata.

Come detto nel lato a monte della piazza vi è l’uscita della breve galleria che condice all’ascensore Castelletto Levante. Esso è considerato uno dei più belli d’Italia, costruito ai nei primi anni del ‘900 in stile Liberty ed usato, oltre che da genovesi,anche da migliaia di turisti che salgono dal centro storico per arrivare al belvedere di Castelletto e ritornare in centro città.

I turisti salendo o scendendo con l’ascensore si trovano a passare da cabine con bellissimo rivestimento in legno‌ e finiture in ottone, poi per una galleria con alle pareti alcuni bassorilievi in ardesia, quindi escono o entrano da una porta in legno e vetro e si ritrovano a passare a fianco della rampa di accesso al garage, e già non possono che notare sia la bruttezza della ringhiera, nemmeno dignitosa per una porcillaia, sia la pavimentazione fatta di basoli in arenaria ottocenteschi, quelli tolti all’inizio dei lavori, poi da orribili pietre rettangolari “Made in China” ed infine dei basoli lisci, del tutto diversi dai primi.

Non ci vuole un esperto per notare quanto sia osceno l’utilizzo di tre tipologie di pietre in pochi metri, ed anche il fatto che quelle lasciate allo stato originario sono state posate da operai esperti “a secco”, lasciando meno di un centimetro tra una pietra e la contigua. I basoli rimossi sono stati posati “ad mentula canis”, utilizzando cemento o calce adesiva nelle fughe, così da lasciare un margine di colore bianco davvero orribile.

Infine un pedone, sia esso genovese o “foresto” dovrà attraversare la piazza al semaforo, e non potrà che notare la colata di conglomerato bituminoso all’ingresso della rampa del garage, colata che è andata a coprire sia dei basoli, sia i percorsi per non vedenti.

L’alternanza basoli storici e pietracce “cinesi” è evidente anche nel lato a mare della piazza, dove si erge il famoso cubotto dell’ascensore, ora dotato anche di una pensilina/tettoia stile Leroy Marlin, in attesa di miglioramenti. Almeno così sembra.

Il Comune è senz’altro connivente e corresponsabile di questo oltraggio alla città e nulla fa o dice e la Giunta comunale esegue silente gli ordini del “podestà“. il Municipio Centro Est è latitante, il Presidente del Municipio Carratù se ne guarda bene da contestare i lavori fatti, giova ricordarlo da un costruttore che più volte si è dimostrato sodale di Attila …. pardon, di Bucci, il peggior reggitore della cosa pubblica dal tempo dei Dogi.

Resterebbe la ma la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova ma essa tace: forse i suoi architetti non passano mai da lì, oppure chiudono gli occhi o hanno un diverso concetto di bello.

Speriamo ci sia un “Giudice a Genova” che indaghi su questo sconcio, vero oltraggio alla città ed ai cittadini.

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Fabrizio De Andrè

25 anni senza Fabrizio De Andrè

L’ 11 gennaio di 25 anni Fabrizio De Andrè se ne andò. Ricordo ancora quella mattinata del 1999 quando, a scuola, in un momento libero lessi la notizia su un giornale online.

Notizia, almeno per me, giunta come un fulmine a ciel sereno, non sapendo che da tempo Fabrizio stava lottando e, purtroppo, soccombendo al male.

E subito mi riportarono alla mente le sue canzoni più famose, a partire da “Il testamento” che, adolescente e alla metà degli anni ’60 o poco più, sentivo ripetutamente in un juke-box di un bar dell’entroterra genovese.

Una canzone che molti miei coetanei non apprezzavano, forse non capivano, qualche ragazza allora arrossiva al sentire “la rendita di una puttana“, ma che per me era la rappresentazione del mondo di Fabrizio, il mondo degli ultimi, degli esclusi.

A volte con le 100 lire sceglievo tre volte questa canzone, oppure una volta il lato B, la “Ballata del Michè“.

Poi altre canzoni, da “La città vecchia“, a “Bocca di rosa“, “Carlo Martello“, “La ballate del Michè” già citata, passando per la famosissima “Canzone di Marinella“.

Bocca di rosa” fu anche al centro di una invenzione con i miei compagni di classe al Liceo classico Colombo, in quanto la traducemmo in latino, strofa per strofa. Ne ricordo ancora alcune, forse con errori grammaticali: “Via Agri est quendam virgo, labiae rubri coloratae, oculi grandes quam strada, nascuntur flores ubicumque iter facit.” (mi scuso per eventuali errori,ma è passato più di mezzo secolo…)

Qualche anno dopo ebbi l’occasione di incontrare Fabrizio per una strana coincidenza. Come spesso accadeva in quegli anni, i primi anni ’70, i ragazzi spesso si incontravano alla sera per partite di calcio in piazze della città. Con alcuni amici fui invitato nella zona di Carignano dove d’estate si sfidavano diverse squadre provenienti dai vari quartieri del centro

Una ventina di coetanei e qualche giovane con una manciata di anni di più. Uno di quelli era Fabrizio, forse accompagnava qualcuno, in quanto non ricordo che giocasse, e ma lo osservai costantemente con la sigaretta in bocca, pensoso, quasi estraniato e ricordo di aver detto ad un amico che era esattamente come nella foto di questa copertina.

Negli anni successivi, ne seguii la strada verso il successo, ascoltando non più al juke-box ma su dischi o musicassette tutte le storie raccontate da Fabrizio, senza perderne mai alcuna.

Rimasi turbato quando seppi del rapimento in Sardegna, sentendomi un po’ colpevole, in quanto traggo le mie origini, da parte paterna, proprio da quella zona, Tempio Pausania. Una esperienza lunga, dura e difficile per lui e per Dori Ghezzi, ma dalla quale uscì senza odiare i rapitori e quasi giustificando e provando pietà per quei pastori anch’essi parte del mondo degli ultimi. Dopo 117 giorni, il 21 dicembre 1979, furono rilasciati ed ebbe a dire ” Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai“.

E’ stato grande, forse il più grande autore della seconda metà del ‘900, e il mio più grande rammarico, da ex-docente, è che di lui ve ne è solo piccola traccia nei testi di letteratura del ‘900 e, cosa ancor più grave, quasi sempre non trattato per “mancanza di tempo”.

Ciao Fabrizio.

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Fast Tourism a Genova

C’è il fast food, ovvero mangiare un piatto o un panino veloce. c’è il fast sex, quello “da una botta e via” per dirla con Fabrizio De Andrè, ma c’è anche il fast tourism, ovvero il turismo veloce. Ovviamente questo tipo di turismo è più praticato nei viaggi organizzati, nelle escursioni di gruppo ma anche come optional nelle crociere.

Spesso, frequentando la zona di Castelletto, mi sono chiesto quanto fosse davvero “fast” questo turismo. In altre parole, quanto di Genova e delle sue meraviglie resti a chi lo pratica. Beh il modo migliore è quello di osservare un gruppo di turisti, meglio se stranieri, nella sosta che compiono lì a Castelletto nel giro panoramico della città.

Lo schema è sempre lo stesso: i pullman arrivano in Piazza Villa, cercano un posto dove stazionare, di solito sulla fermata del bus 36; lì scendono cercando di non allontanarsi dal gruppo (non per nulla le guide hanno un cartello o semplicemente un ombrellino per farsi riconoscere), e velocemente si portano al Belvedere Montaldo. Lì la guida, nella lingua dei turisti, spiega in poche parole cosa possono vedere, di solito la Lanterna, il Porto, i tetti del Centro storico, niente di più.

Sono ben pochi i turisti che prestono attenzione; infatti la maggior parte si fa dei selfie con il/la proprio/a compagna, qualcuno si fa fotografare davanti al portone del palazzo chè c’è sul belvedere (bello, invidia per chi ci abita, ma di nessun pregio storico), altri, più intelligenti, si fanno fotografare davanti all’ascensore di levante, pur non capendo che è proprio un ascensore.

Pochi minuti e la guida alza il suo vessillo e tutti di corsa o quasi ritornano al pullman.

Stamattina è arrivato in Piazza Villa un pullman, ne sono discese una quarantina di turisti, alcuni di lingua inglese, altri spagnola. Erano le 11.00, come da foto.

Si sono diretti al Belvedere Montaldo, mettendoci circa 5 minuti (c’era anche un turista in carrozzina), io sono rimasto a prendere un po’ di fresco su una panchina e dopo 18 minuti, alle 11.18 come da foto, ecco ritornare la frotta e salire sul pullman che è velocemente ripartito.

Quindi se ai 18 minuti totali ne togliamo più o meno 10, vediamo che il panorama di Genova, da uno dei suoi punti più belli, è durato la bellezzadi 8 (otto) minuti. Insomma, una “sveltina” culturale…

A questo punto mi viene da pensare che l’interesse culturale, storico, architettonico della nostra città per questa tipologia di turisti, ahimè la più frequente, è molto vicino allo zero.

Possiamo domandarci: “Ma serve alla città il turismo croceristico ?” Personalmente io credo che quello sopra visto non serva a nulla: i croceristi di quel tipo, i mordi e fuggi, non spendono un centesimo in città, in quanto le visite guidate sono gestite dalla compagnia di navigazione, si portano  le bottigliette d’acqua, non comprano nulla, non entrano in un bar, niente. A questo punto non sarebbe meglio portarli in altri posti, ad esempio l’Outlet di Serravalle o, se il tempo è poco, l’Ipercoop o la Fiumara ? Ne guadagnerebbe il commercio, e ne guadagnerebbero in salute gli abitanti della Circonvallazione a Monte, non essendoci più il traffico dei pullmann turistici.

Per finire, ecco le foto di un gruppo di turisti la maggior parte dei quali nemmeno si gira per vedere il panorama.

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E’ vietato proibire…è proibito vietare

Lustrissimo signor Sindaco.

vengo io con questa mia addirvi (una parola) che non sono per nulla d’accordo con la sua recente grida nella quale si vieta ai cittadini di consumare, in certe ore ed in certi luoghi, bevande alcooliche. In aggiunta è pure vietato sostare magari appoggiato ad un muretto a meno che non sia uno spazio all’uopo approntato dal Comune.

Partiamo dal primo divieto: Ella vieta tassativamente, con alcune differenze tra una parte ed altre della città, di consumare bevande alcooliche, anzi di detenerle, a meno che la somministrazione non sia fatta in un dehor di qualche esercizio commerciale.

Se ben ricordo Ella è un farmacista, per cui certamente avrà ben presente il metabolismo dell’etanolo, dove e come esso avviene, quali siano gli effetti che produce in base alle quantità ingerite e metabolizzate (euforia, eccitazione quando la quantità ingerita non è elevata, ma anche depressione, narcosi quando è elevata).

Ella non può che confermare quanto sopra, tenendo conto che da decenni la biochimica ha studiato e definito con certezza scientifica i meccanismi che intervengono nel metabolismo dell’etanolo.

In nessun caso, pur avendo ripetutamente rivisto all’uopo le mie conoscenze di biochimica, ho letto di una differenza tra il metabolismo alcoolico di bevande acquistate al supermercato e consumate su una spiaggia, su una panchina (quando se ne trova una non rotta), o di sera al Righi rimirando le stelle e quello, il metabolismo, di bevande assunte in un dehor.

E’ passato quasi mezzo secolo da quando seguivo le interessanti lezioni del prof. Pontremoli, eminente biochimico ed in seguito Rettore magnifico dell’Università di Genova, quindi forse mi sono perso qualcosa e lei potrebbe illuminarmi.

Forse i dehors hanno delle capacità di modificare il metabolismo ? Forse detti dehors hanno la capacità, per a me ignoti motivi, di aumentare l’azione delle deidrogenasi, quella alcoolica e quella aldeidica ?

Reminder:

Metabolismo Etanolo
Schema del metabolismo dell’etanolo

Dato che non credo al fatto che i dehors possano quanto sopra, mi viene da pensare che forse è tutto un meccanismo un po’ subdolo per favorire i ristoratori che peraltro, se non erro, utilizzano gratuitamente spazi pubblici nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia Covid-19 siano terminate.

Esimio dott. Bucci, a Genova ci sono molti giovani che non trovano lavoro, per i quali uno svago poco costoso può essere quello di una passeggiata a Nervi o in Corso Italia, una sosta in una caletta, una birra da 70 centesimi bevuta con gli amici e la lattina correttamente smaltita. La stessa birra in un locale con dehor costa, se va bene 10 volte tanto.

Per lei che ha un discreto stipendio da sindaco, unito ai 200.000 euro come commissario per la ricostruzione del ponte sul Polcevera ( a proposito, aveva detto che avrebbe rinunciato al compenso: come è finita la cosa ? Da quanto ho letto Lei non ha risposto alle interrogazioni in Consiglio comunale), la differenza tra 70 centesimi e 7/8€ è irrilevante: per molti genovesi non lo è.

Vorrei concludere con una osservazione: a Genova la fugàssa si deve mangiare al mattino “pucciandola” nel caffelatte, mentre al pomeriggio, come facevano i lavoratori del porto, meglio nella declinazione “cun a çiòula“, associandola “ad un gotto de vìn giànco” si mangiava con i colleghi e questo per recuperare un po’ di energie. Con il suo editto lei stronca una delle più belle tradizioni genovesi.

Circa il secondo divieto, quello di “stazionare” in certi luoghi della città, davvero mi fa rabbrividire perchè mi ricorda che ciò era già stato sancito dalle leggi fasciste, materia per fortuna rivista dai Padri Costituenti nell’art.17 della Costituzione.

Lustrissimo Signor Sindaco, dopo la sparata dei 300.000 o dei 600.000 (perchè non un fantastilione ?) visitatori all’Ocean Race, questo editto proibizionista ce lo poteva risparmiare.

Si occupi, piuttosto, del benessere dei suoi cittadini, non del piacere di presunti milanesi del weekend, si guardi intorno: la vede la spazzatura che fuoriesce dai contenitori ? Le sente le buche dell’asfalto ? Li vede gli alberi capitozzati male, le aiuole prive d’erba, le strade ridotte a selve oscure a causa dei mancati sfalci, il traffico ogni giorno più intenso a causa di servizi pubblici insufficienti, o per le piste ciclabili utilizzate da pochissimi, l’assenza di cessi pubblici in una città che vorrebbe essere turistica ?

Lei ha pochi record di cui andare fiero: siamo la città con l’aliqute IMU più alte e la TARI più alta in Italia; abbiamo la metropolitana (ora ferma) più corta del mondo, gli autobus diesel vecchi di 20 anni e più inquinanti (mentre ai cittadini è vietato accedere al centro con auto Euro 3).

A Lei sono interessati solo progetti faraonici quanto impattanti sul territorio e, per altro, calati dall’alto: Funivia dei forti, Skymetro della Val Bisagno, Garage interrato di Piazza Portello quasi “regalato” ai privati, nuovi supermercati per uccidere il commercio di prossimità, il vecchio Mercato del pesce anche esso quasi “regalato” ai privati; un nuovo forno crematorio inquinante per i cittadini della Val Bisagno, ma redditizio per chi lo gestirà, il trasferimento dei depositi costieri a poche centinaia di metri dalla abitazioni dei sampierdarenesi. E, nella parte che riguarda il Comune, la mega diga che sconvolgerà l’assetto del litorale di Ponente.

Genova non merita questo.

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