Sgt. Pepper compie 50 anni

Esattamente cinquant’anni fa, tra il 26 maggio 1967 e il 1 giugno dello stesso anno (la vera data non è mai stata chiarita), uscì l’ottavo album dei Beatles dal titolo che apparve ai più strano: “Sgt. Pepper’e Lonely Heart Club Band“, tradotto: “La Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper“. I Beatles erano al momento al culmine della loro notorietà, anche se come è noto la loro storia come gruppo durò tremendamente poco, solo 10 anni, dal 1960 al 1970, e veniva dopo un altro monumento della musica degli anni ’60, l’album “Revolver“.

Sgt.Pepper è considerato un album dei ricordi di gioventù dei Fab4, e mescola brani dal ritmo incalzante, ad altri molto più lenti, questi ultimi anche con il suono del sitar di George Harrison.

La canzone di apertura, che dà il titolo all’album fu innovativa sia per l’utilizzo di una banda, registrata anche nel momento in cui accordava gli strumenti,  sia per il rumore di fondo di un pubblico, quasi fosse stata una registrazione live.

Altre due canzoni sono state sempre considerate di rottura, in quante giudicate l’una, “Lucy in the Sky with Diamonds” un inno all’acido lisergico, e l’altra, “Fixing a Hole” alludente all’uso dell’eroina. Ovviamente Paul e John smentirono questa lettura, dicendo che nel primo caso si fossero ispirati ad un romanzo di Lewis Carroll, mentre nel secondo era semmai una critica verso l’uso di droghe pesanti a favore della marijuana (di cui Paul era un buon utilizzatore).

Tra le altre canzoni, credo che la più importante possa essere considerata “A Day in the Life“, anch’essa una metafora che illustrava le visioni che si percepivano con l’uso dell’LSD. Il brano ha una costruzione musicale complicatissima, con l’utilizzo di strumentisti, di suoni d’ambiente, di voci registrate su nastro e tagliate.

Olra ai contenuti artistici l’album è famoso per la sua copertina. Per la prima volta una copertina di un disco diventa una vera e propria opera d’arte, con una serie di significati alcuni dei quali non sono mai stati chiariti del tutto.

Se la parte centrale presenta solo una foto dei Fab4 con dei costumi da musicisti di banda, coloratissimi e diventati da allora iconici, la contro-copertina presenta i testi dei brani ed una foto dei Beatles, tre posti di fronte e Paul McCartney posto di spalle. Secondo i fautori della teoria della morte di Paul e della sostituzione dello stesso, questo è un messaggio che conferma questa strampalata teoria, unitamente alla presenza nel disco di una cosiddetta “traccia fantasma” che, letta al contrario, dovrebbe confermare la morte e ad altre indicazioni presenti nella copertina.

La copertina è una delle icone Pop del XX Secolo. Probabilmente è la più famosa. Solo poche copertine possono avvicinarsi a questa, degli stessi Beatles probabilmente “Abbey Road“, ma la cover di Sgt.Pepper presenta una complessità di messaggi ineguagliabile. Basti pensare alle persone raffigurate, da Jung a Poe, Dylan, Laurel & Hardy, Marilyn Monroe, Fred Astaire, Karl Marx, Oscar Wilde, Einstein.

Sgt. Pepper uscì in Italia dopo qualche tempo e lo stesso giorno dell’uscita mi recai presso il negozio Ricordi di Genova per acquistarlo. Ricordo la coda ed il fatto che per un paio di centinaia di lire potei comprare la versione Stereo, anche se avevo un giradischi solo mono.

 

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Il Premio Nobel dal Giullare al Menestrello

Oggi Dario Fo ci ha lasciati. Una lunga vita spesa al servizio dell’arte e della cultura, grande sia nella scrittura dei testi teatrali, nella recitazione, nell’aver riportato alla ribalta il grammelot dei giullari ed, infine, pittore raffinato.

Solo nella politica non ne ha mai azzeccata una: da giovane, quando potè scegliere tra la Resistenza ed il fascismo scelse di arruolarsi con i repubblichini; negli anni ’70, quando il terrorismo tento di minare le fondamenta dello stato democratico, fu tra quelli che consideravano le Brigate rosse “compagni che sbagliano” e fu uno dei fondatori del “Soccorso rosso”, le cui attività furono in alcuni casi fiancheggiatrici del terrorismo. Per finire, negli ultimi anni la sua adesione morale al Movimento 5 stelle, non individuando in esso la natura populista e fascistoide.

Per uno strano scherzo del destino, proprio oggi viene annunciato che il Premio Nobel per la letteratura è stato assegnato a Bob Dylan.

Così come Dario Fo fu insignito del premio nel 1997, con alzarsi di lai da parte di scrittori e poeti non considerati dall’Accademia Svedese, primo tra tutti  Mario Luzi che in una intervista schiumò letteralmente di invidia, anche oggi per Bob Dylan si alzano le critiche di chi non ha ricevuto, nè mai riceverà il Nobel.

Ne sono esempio le critiche di Baricco, autore sconosciuto fuori dai patrii confini (e forse anche dentro, ai più) che scrive che le canzoni non sono letteratura, quasi che i testi delle canzoni di Dylan, così come lo erano le opere teatrali di Fo, fossero scrittura di serie inferiore.

Vorrei dire a Baricco se mai sarebbe stato in grado di rappresentare in poche strofe o righe le tematiche esistenziali che Dylan ha mirabilmente posto nella prima parte di Blowin’ in the Wind. Io temo di no.

Al di là di critiche insulse, non si può non osservare che il destino, in un incredibile disegno, ha unito oggi, 12 ottobre 2016, Dario Fo e Bob Dylan nel passaggio di testimone dal Giullare al Menestrello per il Premio Nobel per la Letteratura.

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