Orsa

Essere orso in Trentino

Nelle cronache pre-ferragostane di questo 2017 una notizia è nelle prime pagine: l’abbattimento dell’orsa KJ2 rea di aver impunemente attaccato un turista che, col proprio cane, aveva invaso il territorio dell’orsa stessa.

Premetto, a scarso di equivoci, che non sono certo un animalista, anzi, a dirla tutta, sopporto poco o niente gli animali negli ambienti antropizzati, e detesto animalisti e vegani quando cercano di imporre le loro teorie talebane. Loro hanno il diritto di tenere un cane o un gatto per loro divertimento, di mangiare un ottimo piatto di tofu. Io ho il diritto di non vedere le strade, i muri, e le ruote della mia auto usate come latrine dai loro animali e di potermi gustare una bella bistecca o un panino col culatello.

Ciò doverosamente premesso,  ritengo che ciascuna specie abbia il diritto di vivere tranquillamente nella propria biocenosi, senza che l’uomo od altre specie aliene possano intralciare la loro vita.

La delibera di “rimozione” (quasi fosse un’auto in seconda fila) firmata dal Presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi dice esplicitamente che il turista è stato attaccato senza aver provocato l’orsa.

Mi viene spontanea una domanda, egr. Dott. Rossi: “chi ha stabilito che i fatti si siano svolti così ?” Immagino dalla testimonianza del turista. Quindi, una versione non confermata da dati oggettivi, tantomeno da testimonianze di altri.

E se l’attacco da parte dell’orsa fosse stato risposta ad una molestia da parte del cane ? E’ stato domandato o verificato se il cane era condotto al guinzaglio con la museruola, come converrebbe in quando si immette una specie aliena, il cane, in un ambiente ove vi sono specie endemiche libere ?

Naturalmente nulla di tutto questo, solo la versione del turista. E questa è bastata a provocare la “rimozione” del plantigrado.

L’ordinanza del dott. Rossi fa riferimento al PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali) nel quale è presente la scala di pericolosità e gli interventi da attuare. Nell’ordinanza stessa sono indicate le tipologie adottabili, nello specifico le voci “i,j,k”, ed anche specificato che, qualora l’orsa fosse di pericolo per gli agenti della Forestale Trentina, si sarebbe potuto provvedere all’abbattimento.

E qui si ritorna alla domanda: “Chi ha stabilito che l’orsa non fosse stata provocata o molestata ?”. Questo avrebbe potuto significare un livello di pericolosità 15 anzichè 18, quella massima attribuita.

E la domanda successiva è:” Perchè adottare l’intervento “k”, abbattimento, piuttosto che “i”, cattura e spostamento o “j”, cattivazione ?

Infine, le ultime domande: “l’orsa ha aggredito gli agenti della Forestale creando un pericolo ? E come è stata abbattuta ?”

Naturalmente il dott. Rossi non risponde nè mai risponderà a queste domande. Il suo unico intento è stato quello di eliminare il problema alla radice, in modo che i tanti turisti che in questo periodo soggiornano in Trentino siano tranquillizati che nessun orso o orsa cattiva possa intralciare le loro passeggiate nei boschi.

Certo che l’orsa è stata un po’ sfigata. Bastava che fosse stata qualche kilometro più a ovest e sarebbe stata nell’area del Parco Adamello Brenta che, guarda caso, ha come simbolo l’orso.

Dott. Rossi e cari Trentini, decidetevi: non potete prendere soldi dall’EU per il progetto Life Ursus per la reintroduzione dell’orso bruno nel vostro territorio e poi ammazzare (secondo caso in un paio d’anni) gli esemplari che magari si avvicinano troppo agli umani che hanno invaso il loro territorio.

In attesa di una decisione e di risposte personalmente mi asterrò da acquistare qualsiasi cosa sia di provenienza trentina, dalle mele ai formaggi, agli yoghurt, ai vini e inviterò quante più persone possibile ad evitare il vostro territorio e i vostri prodotti.

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Sgt. Pepper compie 50 anni

Esattamente cinquant’anni fa, tra il 26 maggio 1967 e il 1 giugno dello stesso anno (la vera data non è mai stata chiarita), uscì l’ottavo album dei Beatles dal titolo che apparve ai più strano: “Sgt. Pepper’e Lonely Heart Club Band“, tradotto: “La Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper“. I Beatles erano al momento al culmine della loro notorietà, anche se come è noto la loro storia come gruppo durò tremendamente poco, solo 10 anni, dal 1960 al 1970, e veniva dopo un altro monumento della musica degli anni ’60, l’album “Revolver“.

Sgt.Pepper è considerato un album dei ricordi di gioventù dei Fab4, e mescola brani dal ritmo incalzante, ad altri molto più lenti, questi ultimi anche con il suono del sitar di George Harrison.

La canzone di apertura, che dà il titolo all’album fu innovativa sia per l’utilizzo di una banda, registrata anche nel momento in cui accordava gli strumenti,  sia per il rumore di fondo di un pubblico, quasi fosse stata una registrazione live.

Altre due canzoni sono state sempre considerate di rottura, in quante giudicate l’una, “Lucy in the Sky with Diamonds” un inno all’acido lisergico, e l’altra, “Fixing a Hole” alludente all’uso dell’eroina. Ovviamente Paul e John smentirono questa lettura, dicendo che nel primo caso si fossero ispirati ad un romanzo di Lewis Carroll, mentre nel secondo era semmai una critica verso l’uso di droghe pesanti a favore della marijuana (di cui Paul era un buon utilizzatore).

Tra le altre canzoni, credo che la più importante possa essere considerata “A Day in the Life“, anch’essa una metafora che illustrava le visioni che si percepivano con l’uso dell’LSD. Il brano ha una costruzione musicale complicatissima, con l’utilizzo di strumentisti, di suoni d’ambiente, di voci registrate su nastro e tagliate.

Olra ai contenuti artistici l’album è famoso per la sua copertina. Per la prima volta una copertina di un disco diventa una vera e propria opera d’arte, con una serie di significati alcuni dei quali non sono mai stati chiariti del tutto.

Se la parte centrale presenta solo una foto dei Fab4 con dei costumi da musicisti di banda, coloratissimi e diventati da allora iconici, la contro-copertina presenta i testi dei brani ed una foto dei Beatles, tre posti di fronte e Paul McCartney posto di spalle. Secondo i fautori della teoria della morte di Paul e della sostituzione dello stesso, questo è un messaggio che conferma questa strampalata teoria, unitamente alla presenza nel disco di una cosiddetta “traccia fantasma” che, letta al contrario, dovrebbe confermare la morte e ad altre indicazioni presenti nella copertina.

La copertina è una delle icone Pop del XX Secolo. Probabilmente è la più famosa. Solo poche copertine possono avvicinarsi a questa, degli stessi Beatles probabilmente “Abbey Road“, ma la cover di Sgt.Pepper presenta una complessità di messaggi ineguagliabile. Basti pensare alle persone raffigurate, da Jung a Poe, Dylan, Laurel & Hardy, Marilyn Monroe, Fred Astaire, Karl Marx, Oscar Wilde, Einstein.

Sgt. Pepper uscì in Italia dopo qualche tempo e lo stesso giorno dell’uscita mi recai presso il negozio Ricordi di Genova per acquistarlo. Ricordo la coda ed il fatto che per un paio di centinaia di lire potei comprare la versione Stereo, anche se avevo un giradischi solo mono.

 

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Il Premio Nobel dal Giullare al Menestrello

Oggi Dario Fo ci ha lasciati. Una lunga vita spesa al servizio dell’arte e della cultura, grande sia nella scrittura dei testi teatrali, nella recitazione, nell’aver riportato alla ribalta il grammelot dei giullari ed, infine, pittore raffinato.

Solo nella politica non ne ha mai azzeccata una: da giovane, quando potè scegliere tra la Resistenza ed il fascismo scelse di arruolarsi con i repubblichini; negli anni ’70, quando il terrorismo tento di minare le fondamenta dello stato democratico, fu tra quelli che consideravano le Brigate rosse “compagni che sbagliano” e fu uno dei fondatori del “Soccorso rosso”, le cui attività furono in alcuni casi fiancheggiatrici del terrorismo. Per finire, negli ultimi anni la sua adesione morale al Movimento 5 stelle, non individuando in esso la natura populista e fascistoide.

Per uno strano scherzo del destino, proprio oggi viene annunciato che il Premio Nobel per la letteratura è stato assegnato a Bob Dylan.

Così come Dario Fo fu insignito del premio nel 1997, con alzarsi di lai da parte di scrittori e poeti non considerati dall’Accademia Svedese, primo tra tutti  Mario Luzi che in una intervista schiumò letteralmente di invidia, anche oggi per Bob Dylan si alzano le critiche di chi non ha ricevuto, nè mai riceverà il Nobel.

Ne sono esempio le critiche di Baricco, autore sconosciuto fuori dai patrii confini (e forse anche dentro, ai più) che scrive che le canzoni non sono letteratura, quasi che i testi delle canzoni di Dylan, così come lo erano le opere teatrali di Fo, fossero scrittura di serie inferiore.

Vorrei dire a Baricco se mai sarebbe stato in grado di rappresentare in poche strofe o righe le tematiche esistenziali che Dylan ha mirabilmente posto nella prima parte di Blowin’ in the Wind. Io temo di no.

Al di là di critiche insulse, non si può non osservare che il destino, in un incredibile disegno, ha unito oggi, 12 ottobre 2016, Dario Fo e Bob Dylan nel passaggio di testimone dal Giullare al Menestrello per il Premio Nobel per la Letteratura.

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