La Villetta Di Negro: un gioiello abbandonato
Villetta Di Negro, per molti genovesi “Dinegro” giusto per risparmiare uno spazio, è un parco comunale al centro della città di Genova, su una piccola collina sovrastante Piazza Corvetto e Piazzale Mazzini, inglobando un tratto i bastioni, detti di “Luccoli”, delle Mura secentesche.
La Villetta su fatta costruire agli inizi del XIX secolo dal marchese Gian Carlo Di Negro ed il parco adornato sia di piante di alto fusto, sia di vialetti con aiuole, che portavano alla villa padronale dalla quale la vista spaziava fino al mare, e con la presenza di numerose statue, secondo lo stile classicheggiante di quel periodo.
Nella seconda metà del XIX secolo, a seguito della morte del marchese Di Negro, il complesso fu acquistato dal e la villa fu utilizzata Comune di Genova, come Orto botanico dell’Università di Genova.
Con i bombardamenti della seconda guerra mondiale, la villa fu praticamente distrutta, tranne il terrazzamento che dà verso i palazzi di Piazza Fontane Marose, e ricostruita, in stile moderno, negli anni successivi al fine di ospitare il Museo di arte orientale Edoardo Chiossone.
Nel periodo intercorrente tra le due guerre mondiali il giardino fu arricchito sia di piante non autoctone sia di due grotte finte “grotte”, una grande ed una piccola. Fu, inoltre, sistemata la Cascata con la creazione di sbalzi e conche, tali da rendere più scenografico il flusso dell’acqua.
Risale a quel periodo anche la costruzione della “Casa dei giardinieri”, in finto legno ed arroccata tra la voliera grande e la cascata. Ora è del tutto abbandonata o utilizzata come deposito.
Fino agli anni ’60 del XX secolo il giardino presentava diverse specie di uccelli, a partire da cigni e oche nel laghetto accanto all’ingresso di Piazzale Mazzini, per passare ad altri volatili, con diverse specie di pappagalli, nella voliera grande ed in quella piccola.
Alla fine del XX secolo la Villetta Di Negro andò incontro ad un continuo degrado, sia delle strutture, sia per il fatto che non vi erano più giardinieri residenti e, tanto meno, non veniva più effettuato alcun controllo da parte della Polizia municipale.
L’unico spazio utile per il gioco dei bambini, un tempo chiamato “Il Quadrato”, composto da bellissime aiuole, da larghi passaggi e da numerose panchine, divenne, come è ora, una spianata polverosa e coperta di foglie cadute negli anni.
La sommità della collina è forse al momento l’unica frequentata da bambini e loro genitori, in quanto è l’unico spiazzo, e presenta il belvedere detto “La Pagoda”, purtroppo inaccessibile da molti anni, e l’alto pennone della bandiera di Genova.
La parte più nota e visitata da turisti è senz’altro la Cascata scenografica: è stata ripristinata dopo un periodo di abbandono, e meriterebbe un po’ più di manutenzione e pulizia, ad esempio mettendo dei filtri per l’acqua che, come è noto, è in circolo, pompata dal basso all’alto.
Le grotte sono state chiuse da molti anni, sbarrando gli ingressi con cancellate ed ora sono, le grandi, un ricettacolo di immondizia indegna di una città civile, le piccole, essendo fuori dal passaggio, usate da latrina da alcuni visitatori.
Sembra che il motivo della chiusura sia stato l’utilizzo “improprio” in particolare della grotta grande, da parte di tossicomani, sbandati, coppie di vario genere. In effetti in quelle grotte, negli anni che ho frequentato erano luogo di scambio di effusioni tra adolescenti, con relativo passaggio di “osservatori”, ma tutto si svolgeva senza eccessi e senza pericoli.
Lo stato delle aiuole è precario, tranne alcune, la maggior parte sono incolte, i viali sono ricoperti da uno strato di foglie cadute da diversi anni.
Lo stato di incuria delle aiuole ha fatto sì che siano proliferati colonie murine, probabilmente dei ratti, come documentato nel video. In compenso non ci sono più gatti, come un tempo.
I busti degli eroi del Risorgimento, sono stati restaurati da privati, mentre quelli verso ponente, dedicati a personaggi importanti della storia genovese, un tempo sfregiate nel naso per un motivo che non conosco, e note come “I nasi rotti”, sono state rimosse, tranne una, dai piedistalli che ora restano lì testimoni dello scempio.
Nel lato verso l’ingresso prospicente Piazza dei Cappuccini, dopo la prima rampa di scale, vi è una sorta di gazebo metallico con sedili e panchine, un tempo chiamato “Tucul”. Era un luogo di ritrovo, tra gli ann’60 e ’70 del secolo scorso, di molti giovani, in particolare alternativi che colà discutevano di temi sociali e pianificavano le proteste studentesche di quegli anni. Alcune di quei giovani rimasero nel solco della lotta democratica, altri presero la strada della protesta violenta.
In conclusione la è un luogo bellissimo, al centro della città dalla quale si estranea dei rumori, un’oasi di quiete che Villetta Di Negro dovrebbe essere valorizzata molto di più di ora.
In particolare con la pulizia dei viali, la cura delle aiuole e degli alberi, specie quelli monumentali, l’apertura delle grotte, eventualmente con illuminazione, il ripristino della “Pagoda” del belvedere, la vigilanza da parte di agenti della Polizia locale o di volontari, il divieto di accesso ai cani non essendoci un’area destinata (possono sempre andare all’Acquasola), il ripristino del “Quadrato” e la cartellinatura delle piante più importanti con nome linneiano della specie e quello comune.
Ultimo ma non per importanza, il ripristino funzionale dei WC automatici, magari rendendoli a piccolo pagamento.
Sapendo come vanno le cose, come siano insensibili gli amministratori pubblici allo sviluppo e mantenimento del verde pubblico e delle ville e parchi urbani, temo che non farò in tempo a rivedere come era la Villetta Di Negro. Anzi “Dinegro”, come sempre l’ho chiamata.