Dachau 1984:il viaggio, il freddo, la memoria

A 36 anni dall’effettuazione del primo viaggio all’estero per l’Istituto Tecnico Statale “In memoria dei morti per la patria” di Chiavari, riporto un articolo già pubblicato nel sito Web dell’Istituto, sperando che gli alunni di allora, ormai adulti di (quasi) mezza età, possano ricordarselo e tenere a mente le atrocità commesse dai nazi-fascisti, affinchè non si abbiano  a ripetere.  Parimenti un ricordo dei colleghi che allora collaborarono e parteciparono all’iniziativa e a quella successiva del 1985.

Nell’ormai lontano anno scolastico 1983-1984 fu nominato Preside dell’Istituto il prof. Silvano Tagliaferri. Il prof. Tagliaferri restò solo due anni a capo dell’Istituto, prima di ritornare nella sua zona d’origine, il Parmense, ove tutt’ora è Dirigente scolastico all’Istituto tecnico statale per geometri Rondani di Parma, ma in quei due anni diede un notevole impulso al rinnovamento dell’Istituto.

In quest’ottica fu possibile organizzare il primo viaggio d’istruzione all’estero. Il viaggio fu organizzato dallo scrivente e dal prof. Sergio Picchio, allora docente di Costruzioni, ed aveva come meta Monaco di Baviera.

Diversi furono gli obiettivi didattici e culturali del viaggio, partendo da una visita approfondita al Deutsches Museum, uno dei più importanti musei della Scienza e della Tecnica, passando alla visita della Città Olimpica, in particolare per studiare le tensostrutture dello stadio di calcio, per completarsi in un giro della città e dei sui siti culturali più importanti.

Considerando che a pochi chilometri da Monaco si trova Dachau, sede del primo lager nazista, ritenni opportuno proporre una visita a quel sito, al fine di far conoscere direttamente agli alunni esempi di quello che furono gli strumenti utilizzati dai nazisti per perpetrare l’olocausto.

Al viaggio parteciparono oltre agli organizzatori, il Preside Tagliaferri, i prof. Renata Armanino e Carlo Silvestri, una trentina di alunni di diverse classi dei trienni ed alcuni genitori.

Il viaggio si svolse dal 27 al 2 marzo 1984, con un viaggio interminabile in autobus. La partenza avvenne a mezzanotte, in modo da avere un giorno in più di tempo, e prevedeva una sosta ad Innsbruck per il pranzo.

Il periodo scelto, forse un po’ improvvidamente, non era dei migliori in quanto la temperatura era decisamente rigida.

Giunti a destinazione, in un albergo decisamente poco ospitale, dedicammo il primo giorno alla visita al Deutsches Museum e al centro di Monaco, con cena serale in una birreria.

La mattina del 29 febbraio, era anno bisestile, ci recammo con l’autobus a Dachau.  La giornata era decisamente grigia e fredda e avvicinandosi al sito sembrava peggiorare ulteriormente. Lo spirito degli alunni, nel tragitto di andata, era come sempre spensierato, ma appena scesi di fronte al cancello del lager un assoluto mutismo colse i partecipanti.

Ingresso Dachau
Ingresso Dachau, Il motto, tristemente famoso, del lager

Dopo una breve visita al museo che si trova all’ingresso, dove vennero date alcune spiegazioni sulla storia del campo, iniziata il 20 marzo 1933, sul numero di prigionieri che vi passarono, probabilmente più di 200000, dapprima prigionieri politici, comunisti, socialisti, sindacalisti, intellettuali, poi prigionieri provenienti dai paesi invasi dai nazisti, e sul numero approssimato di persone che lì persero la vita, probabilmente più di 40/50000.

Il campo è, in pratica, una enorme distesa chiusa da fossati e filo spinato, con le piazzole dove allora erano poste le baracche, baracche che furono distrutte alla Liberazione e ricostruite solo in pochi esemplari.

Mappa Dachau
Mappa Dachau

Il freddo e la neve, come si vede dalle foto, rappresentavano in modo assolutamente inequivocabile il tormento al quale erano soggetti gli internati, ma il momento più carico di significato e di tensione emotiva fu la visita alla costruzione che ospitava le camere a gas e quella, ancor più terribile, dove era il crematorio.

Ricordo, a distanza di oltre 20 anni, una ragazza di quinta geometri vacillare alla vista delle bocche dei forni, appoggiarsi ad una compagna ed uscire piangendo. La tensione tra tutti era palpabile, materiale.

Dopo aver visitato una baracca, ci dirigemmo al museo ove fu possibile osservare diversi reperti, quali i simboli che differenziavano i vari detenuti, le divise, le cose sottratte ai detenuti, i mezzi di tortura e foto che raffiguravano esperimenti pseudo-scientifici fatti sui detenuti.

!945:Liberazione
1945:Liberazione

Al termine della visita chiesi agli alunni cosa avessero provato, ma dai silenzi e dagli sguardi capii che lo scopo della visita, quello di mostrare gli orrori di un passato allora ancora vicino, l’abiezione che aveva colto molti uomini nei confronti di altri uomini, le responsabilità di chi ancora non voleva ammettere quello che era successo, aveva colto nel segno.

Alcune foto fatte dallo scrivente

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