Genova G8 2001:quando la Democrazia fu sospesa
Vent’anni fa, dal 19 al 22 luglio 2001 a Genova, in occasione del summit dei capi di stato e di governo degli 8 stati economicamente più potenti della Terra, la democrazia e la Costituzione italiana furono sospese.
Già dagli ultimi anni del XX secolo erano nati in tutto il mondo movimenti popolari contro la globalizzazione, l’imperante neoliberismo, la dittatura economica nei confronti del terzo mondo, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Nel 1999 a Seattle e nel 2001 a Davos vi furono significative proteste, in alcuni casi sfociate anche in scontri con le forze dell’ordine.
Per il summit del 2001 fu scelta Genova e, propriamente, il Palazzo Ducale come sede. Una scelta improvvida, in quanto si sarebbe dovuta creare una “zona rossa” in tutto il centro, comprendendo anche il centro storico e la zona portuale.
I movimenti contrari al summit, costituitisi nel Genoa Social Forum, dichiararono la volontà di essere presenti a Genova per protestare civilmente chiedendo ai rappresentanti degli 8 paesi economicamente predominanti una inversione di rotta delle politiche economiche e sociali.
Erano rappresentate diverse anime della protesta, da quelle di matrice cattolica, fortemente interessate al riequilibrio economico col terzo mondo e alla cancellazione del debito di questi paesi, ad altre reti contrarie alla globalizzazione e allo sfruttamento intensivo delle risorse, fino a gruppi sedicenti anarchici con la non celata intenzione di una protesta anche violenta, intesa come azioni atte ad espugnare la zona rossa ed accedere ai luoghi del summit.
Quello che accadde in quei giorni è stato ampiamente documentato e dibattuto. Fatti come la morte di Carlo Giuliani, la macelleria messicana perpetrata dalle forze dell’ordine alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto sono noti a tutti e fiumi di inchiostro sono stati versati, per cui la mia intenzione è solo quella di testimoniare ciò che ho visto in prima persona, pur non partecipando direttamente alle proteste.
Per prima cosa, alcune foto che allora feci in Via Assarotti, Via Palestro e Piazza Dante ai reticolati che chiudevano gran parte del centro della città, dividendo chi era dentro da chi era fuori. Già questo poteva essere considerato una violenza alla Costituzione, in particolare all’articolo 16: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”. Appunto: ragioni politiche.
La seconda, di cui purtroppo non ho una documentazione fotografica, è quanto ho potuto osservare in Piazza Manin. Nei giardini della piazza erano accampate una ventina di persone, donne ed uomini appartenenti a una organizzazione cattolica. Nel pomeriggio del 21 (non sono certo della data), da casa mia udii delle urla rimbombare dalla valle. Erano dei “black bloc” che si stavano dirigendo verso il carcere di Marassi. Udii anche lo scoppio di qualche petardo e vidi nuvole di lacrimogeni. Dopo poco gli antagonisti si diressero verso la lunga Scalinata Montaldo, probabilmente per cercare di raggiungere nuovamente il centro. Da casa mia mi diressi verso Piazza Manin e li vidi passare per dirigersi verso Corso Armellini inseguiti da un discreto numero di celerini e guardie di finanza. Questi però non seguirono gli antagonisti, ma visto che nei giardini vi erano le tende e il gruppo di appartenenti alle organizzazioni religiose, pensarono bene di devastare le tende e, soprattutto, manganellare i poveretti che se ne stavano lì tranquilli.
Molti residenti, come me, assistettero alla cosa, gridando ripetutamente agli agenti di smettere, che quelli erano persone del tutto estranee agli scontri, ma nulla valse.
Quegli agenti presi da un furore animalesco, continuarono a manganellare, finché. forse per il fatto che vi erano diversi testimoni, abbandonarono la preda dirigendosi verso via Assarotti.
Nella mia vita credo di non aver mai assistito ad una così brutale violenza da parte di tutori dell’ordine. E le cronache dicono che non fu un caso isolato visto ciò che stava accadendo in varie parti della città, financo ciò che accadde alla scuola Diaz ed alla caserma di Bolzaneto.
“Macelleria messicana” la definì il procuratore della repubblica Enrico Zucca, a significare qualcosa che non poteva che essere perpetrato da bestie disumane.
Certo, dei fatti di Genova ne portano la responsabilità morale sia il governo Berlusconi-Fini, sia gli alti gradi in comando delle forze dell’ordine (per altro quasi sempre non perseguiti ma premiati), ma colpevoli lo sono stati quei sadici agenti che con la violenza gratuita tradirono la loro divisa, ed il giuramento fatto alla Repubblica.
Oggi, dopo 20 anni, sono necessarie dai vertici della Polizia “Trasparenza e consapevolezza”. E’ quello che il sostituto procuratore generale Enrico Zucca chiede ai vertici della polizia di Stato “per dimostrare davvero di aver voltato pagina”.
I fatti di Genova del 2001 sono stati qualificati dai Tribunali, Corte di appello, Cassazione e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo come torture. E le torture sono, senza alcuna giustificazione, inammissibili in un paese civile.