
Il degrado della Rampa Fellner in Circonvallazione a Monte
La rampa Sivio Fellner, dedicata al vicecomandante della Marina militare di Genova, fucilato dai nazisti con l’accusa di contatti con la Resistenza, è una crêuza particolare che si trova in Corso Firenze, dietro i giardini Marco Dino Rossi, che si congiunge, in alto, a via Paride Salvago.
La rampa dovrebbe essere stata costruita intorno agli anni ’20 del XX secolo, in stile Liberty e la sua particolarità è che si biforca in due rami che arrivano uno alla parte di ponente della via Salvago, e l’altra a levante della medesima; è frequentata da coloro che devono scendere dai palazzi alla sommità fino al corso ed, eventualmente, proseguire la discesa al centro della città per la scalinata di via Pertinace e, quindi, per il quartiere del Carmine.
La crêuza ha una struttura a mattonata a gradini nel lato esterno, mentre il lato interno, più largo, originariamente era in ciottolato. Solo nel tratto comune la struttura tipica, con due mattonate laterali ed un ciottolato centrale.
Nel bastione più alto, là dove è la biforcazione, vi sono due grandi nicchie, purtroppo in pessime condizioni di degrado. In generale le mattonate sono in cattivo stato di manutenzione, con diversi mattoni che sporgono e che possono essere pericolosi in particolare a chi scende.
Il comune ed il municipio sono del tutto disinteressati alla manutezione della rampa, come accade, spesso, per le altre crêuze della Circonvallazione. In particolare il ciottolato è stato nel tempo sostituito nei tratti ammalorati da “tappulli” in cemento o in asfalto a freddo, evitando così la sistemazione dei ciottoli, come avrebbe voluto il buon senso.
Recentemente il lato a destra salendo stato interessato da scavi per la sistemazione di cavi elettrici. Al termine del lavoro è stato steso un orribile manto di asfalto che ben più di un pugno nell’occhio. Anche in quesa occasione a protestare sono stati gli abitanti che utizlizzano la rampa, mentre il municipio I Centro-Est se ne è completamente disinteressato, dichiarando che la responsabilità del corretto ripristino sarebbe stata dell’ente che ha effettuato i lavori.