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Introduzione alla
spettroscopia
Rifrazione della luce
Quando un raggio di luce
passa da una sostanza trasparente ad un'altra anch'essa trasparente, ma di
densità diversa, subisce una deviazione. Tale fenomeno è detto rifrazione.
Il raggio incidente, passando dall'aria al vetro, è stato
deflesso verso la normale (normale=perpendicolare) alla superficie di
separazione dei due mezzi; nel passaggio opposto il raggio è stato, invece,
allontanato dalla normale.
L'angolo di rifrazione dipende dalla densità della sostanza
trasparente.
Dispersione della luce
Quando un
raggio di luce bianca colpisce obliquamente un prisma di vetro trasparente viene
scomposto in tanti raggi di luce di diversi colori.
Newton
propose la seguente interpretazione del fenomeno:
- La luce bianca è in realtà una mescolanza di luce di diversi colori.
- Il prisma di vetro non crea la luce di diversi colori, ma semplicemente separa
i colori già contenuti nella luce bianca.
- La separazione dei colori è dovuta al fatto che la deviazione dipende dalla
lunghezza d'onda del raggio incidente.
L'immagine
che si può raccogliere su uno schermo o su una pellicola fotografica è detta spettro e mostra una serie di colori sfumati dal rosso al violetto.
L'analisi
dello spettro mostra come la radiazione rossa ( l = 750 nm) venga deviata meno della radiazione violetta
( l = 350 nm ).
Tale
spettro viene definito anche come spettro di emissione continuo. Danno
spettri continui tutti i corpi incandescenti: solidi e liquidi.
Spettri di emissione
Scomponendo con un
prisma di vetro un raggio di luce proveniente da una lampada contenente idrogeno gassoso si osserva la formazione di uno spettro caratteristico costituito da
quattro righe distinte su fondo nero. Dette linee si trovano due sul violetto una sull'azzurro ed una sul rosso.
Cambiando
il gas contenuto nella lampada cambia anche lo spettro di emissione ottenuto.
In tali
spettri non si osserva alcuna successione di colori sfumati, ma solo righe
nette, colorate e su fondo nero.
Essi sono
tipici di gas incandescenti a bassa pressione. Il numero di righe, il loro
colore e la loro lunghezza d'onda
( l ) variano al variare del gas considerato.
Ogni
elemento gassoso o reso gassoso ha il proprio spettro di emissione.
Spettri di assorbimento
Quando un gas o un
vapore, a temperatura inferiore di quella della sorgente di luce bianca, viene
interposto tra la sorgente stessa e lo spettroscopio, si ottiene uno spettro
di assorbimento; esso presenta una o più righe nere ( di assorbimento ) su un fondo colorato continuo.
Confrontando lo spettro di emissione a quello di assorbimento di una stessa
sostanza si vede che le righe nere nello spettro di assorbimento cadono nella
stessa posizione ( stessa l ) delle righe colorate dello spettro di emissione. I due spettri si
corrispondono come una foto al proprio negativo.
Si può
concludere affermando che tutte le sostanze assorbono radiazioni luminose della
stessa lunghezza d'onda (l) e frequenza (n) di quelle che sono in grado di emettere. La spettroscopia è un
utilissimo mezzo di analisi chimico-fisica delle sostanze.
Interpretazione dello spettro di emissione dell'idrogeno
secondo il modello atomico di Bohr
La
regolarità dello spettro di emissione di un elemento, cioè il fatto che esso era
sempre formato dalle medesime e caratteristiche radiazioni, indipendentemente
dalla sua provenienza e da eventuali procedimenti di eccitazione cui fosse stato
sottoposto, non trovava alcuna valida spiegazione con il modello proposto da Rutherford nel 1911. Il primo ad affrontare il problema, su basi
matematiche, fu Niels Bohr nel 1913.
Bohr accettò il modello planetario proposto da Rutherford e, per spiegare la regolarità di comportamento dello spettro di emissione dell'idrogeno, introdusse
alcuni postulati tratti dalla meccanica quantistica.
Nell'atomo di
idrogeno l'elettrone si muove lungo orbite circolari preferenziali ( orbite
stazionarie ) caratterizzate ognuna da un determinato raggio e da una determinata
quantità di energia ( livelli energetici ). Quando l'elettrone percorre
tali orbite l'atomo di H non emette nè assorbe energia. Tali orbite vennero indicate con le lettere K, L, M, N, O, P, Q. A ciascuna orbita
venne, inoltre, associato un numero intero positivo detto numero quantico ( K: n=1; L: n=2; M: n=3; etc.). Bohr determinò, poi, i raggi delle orbite: K: r=0.052 nm; L: r=0.212 nm; M: r=0.477 nm, etc..
Nell'atomo non eccitato l'elettrone percorre l'orbita più vicina al nucleo ( orbita K ); tale orbita è caratterizzata dal valore minimo di
energia, indicato come E0 ( si legge: e con zero ), rispetto a quelli delle
altre orbite. A tutte le altre orbite descritte dall'elettrone, le energie
delle quali aumentano a mano a mano che ci si allontana dal nucleo,
corrispondono stati eccitati ( E1, E2, etc. ).
Si
verifica emissione di energia sotto forma di onde elettromagnetiche solo
quando un elettrone salta da un orbita stazionaria ad energia maggiore ad
un'altra ad energia minore.
Il quanto di energia emessa, DE ( si legge: delta e)
corrisponde alla differenza tra l'energia dello stato stazionario di partenza
e quello di arrivo dell'elettrone. Ad esempio, se all'atomo di idrogeno viene
somministrata energia dall'esterno, l'elettrone salta dallo stato fondamentale K , ad energia E0 , allo stato eccitato L ( E1 ) e, senza una
ulteriore eccitazione esso ritorna allo stato fondamentale K ;
l'energia ceduta è data dalla formula DE = E1 - E0 , ove E1 indica l'energia dell'elettrone nell'orbita L ed E0 l'energia nell'orbita K.
La frequenza ( n ) della radiazione emessa è data dalla formula DE
= h · n ove h è detta costante di Plank, il cui valore è
6.63 ·
10 -34 J s.
La
frequenza è legata alla lunghezza d'onda ( l ) della radiazione dalla formula n = c / l , ove c è la velocità della luce, ovvero
3.00 · 108 m / s.
Ad ogni transizione elettronica ( salto ) corrisponde una riga dello spettro.
Poichè le orbite percorribili dall'elettrone sono ben definite, le transizioni
elettroniche possibili da un'orbita alla precedente risultano in numero
limitato. L'energia emessa sotto forma di radiazione elettromagnetica risulta
costituita da quantità discrete ( discontinue ); le frequenze e le
lunghezze d'onda delle varie radiazioni risultano pure discrete e coprono una
parte molto piccola dello spettro visibile.
La formula con la
quale si ricava l'energia potenziale Ep è la seguente: Ep = m · g · h , ove:
m = massa in kg,
g = forza di accelerazione gravitazionale = 9.8 m / s2
h = altezza in metri.
Da studi
spettroscopici accurati risulta che le quattro righe dello spettro dell'idrogeno
nel visibile provengono dalle seguenti transizioni elettroniche:
l1 ( rosso ): radiazione con
notevole lunghezza d'onda e bassa frequenza.
l4 ( violetto ): radiazione
con piccola lunghezza d'onda ed alta frequenza.
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