La materia: metodi di separazione delle
fasi
Materiali occorrenti:
Iodio bisublimato - Solfato di rame pentaidrato - Idrossido di bario sol. 0.1
M - Bicromato di potassio - Acido solforico diluito - Tetracloruro di carbonio -
Pallone codato - Refrigerante - Termometro con scala 0-200 °C - Imbuto
separatore - Filtri - Tubi in gomma rossa - Bunsen - Vetreria e sostegni.
Richiami teorici:
La materia è tutto ciò che possiede una massa ( quantità di materia ). un volume ( spazio occupato ) ed una energia ( resistenza al cambiamento dello stato di quiete o di moto ). Particolari
porzioni di materia uniforme, che sia possibile isolare dall'ambiente
circostante sono detti sistemi; dal punto di vista tecnico i sistemi
possono essere definiti materiali.
Una porzione del sistema che sia possibile limitare e che mantenga in ogni
suo punto identiche proprietà fisiche è detta fase.
Dal punto di vista fisico un sistema costituito da una sola fase è detto sistema omogeneo; se costituito da due o più fasi è definito sistema
eterogeneo. Le fasi possono essere, allo stesso tempo, chimicamente uguali e
fisicamente diverse, come nel caso del miscuglio acqua-ghiaccio; al contrario un
sistema può essere fisicamente omogeneo e chimicamente eterogeneo ( es. le
soluzioni ).
Porzioni di materia che abbiano composizione chimica costante sono dette sostanze pure; sono sostanze pure gli elementi chimici ed i composti.
Mescolanze di sostanze pure diverse formano i miscugli ( miscele ); le sostanze formanti i miscugli possono trovarsi nello
stesso stato di aggregazione o in stati di aggregazione diversi. Si distinguono
miscugli eterogenei e miscugli omogenei.
I miscugli eterogenei presentano i componenti distinguibili in due o
più fasi, in rapporti massali altamente variabili e che mantengono le
caratteristiche originarie. I miscugli eterogenei formati da solidi e da liquidi
sono detti sospensioni ( es. latte, acqua-fango ); quelli costituiti da liquidi non miscibili si
chiamano emulsioni
( es. acqua-olio, acqua-benzina ).
I miscugli omogenei, comunemente detti soluzioni, hanno i
componenti non più distinguibili, in quanto mescolati anche su scala atomica,
che pur mantengono inalterate molte delle proprietà originarie.
La separazione dei componenti è molto più semplice nel caso dei miscugli
eterogenei, per i quali sono sufficienti metodi semplici quali la decantazione, la filtrazione o la centrifugazione basati sulla diversa dimensione, stato fisico e
densità dei componenti.
Nel caso dei miscugli omogenei è necessario utilizzare metodiche più
impegnative quali l'evaporazione del solvente, la distillazione,
entrambe basate sulla differente volatilità dei componenti, l'estrazione con
solvente, basata sulla maggiore affinità di quest'ultimo con un componente
della miscela, o la cromatografia, basata sulla differente
velocità con cui un solvente trasporta, per azione capillare attraverso un
strato di materiale inerte, i vari componenti della miscela.
Esecuzione dell'esperienza:
Parte prima: cristallizzazione di un sale:
In un becker da 250 mL si versano 100 mL circa di acqua distillata; in essa si mettono 60 g di solfato di rame pentaidrato commerciale, CuSO4 ∙ 5H2O, ridotto in minuti
cristalli in un mortaio. Si agita con una bacchetta di vetro per favorire la
solubilizzazione e si pone il becker su un treppiede con reticella ceramica
sotto il quale si accende un bunsen. Si riscalda blandamente fino a circa 60 °C
con continua agitazione e fino a totale solubilizzazione del sale; si continua,
quindi, il riscaldamento, a temperatura non superiore ad 80 °C, fino a riduzione
del volume ad 1/3. Si toglie il becker dal fuoco e lo si ripone in luogo
tranquillo; dopo circa 15 minuti di raffreddamento si nota il depositarsi di
cristalli azzurri sul fondo. Si toglie, quindi, con cautela la soluzione
eccedente e si lascia essiccare per 24 ore. Dopo l'essiccazione si potrà
osservare la perfetta struttura dei cristalli.
In alternativa, o a complemento, è possibile coltivare nella soluzione
soprasatura preparata un germe cristallino; all'uopo si lega un cristallo
regolare di circa 1.5 cm di dimensioni con un filo sottile e lo si sospende ad
una bacchetta di vetro, posta trasversalmente alla bocca del becker, in modo che
sia immerso nella soluzione senza toccare né fondo né pareti. In poche ore il
germe si accrescerà secondo la sua struttura cristallina.
Parte seconda: separazione meccanica di un solido da un
liquido:
La separazione meccanica di un solido da un liquido, ad esempio di un
precipitato in acqua, può essere effettuata in vari modi. I più consueti sono la decantazione, la filtrazione e la centrifugazione.
In tutte le metodiche si può usare un precipitato preparato, ad es. con la
reazione:
Ba(OH)2 + H2SO4 ----> BaSO4 ↓ + 2H2O .
Si versano in 2 provette ed in una provetta da centrifuga 5 mL circa di idrossido di bario sol. 0.1M ed a ciascuna si aggiungono 5 o 6 gocce di acido solforico diluito; immediatamente si forma il precipitato biancastro
di solfato di bario.
Decantazione: si pone una delle due provetta in un portaprovette e
dopo pochi minuti può osservarsi il deposito per gravità del precipitato sul
fondo e lo schiarimento dell'acqua. Il sopranatante può essere rimosso
aspirandolo con una pipetta.
Filtrazione: si prepara un filtro rotondo piegandolo i quattro e lo si
dispone in un imbutino; si bagna la carta facendola aderire perfettamente alle
pareti dell'imbuto e si mette quest'ultimo su idoneo sostegno, sotto il quale è
posto un becker. Si agita la seconda delle provette per rimescolare il
precipitato e l'acqua e si versa il tutto nell'imbuto; in pochi minuti la
filtrazione ha termine, per cui si rimuove il filtro, lo si apre e lo si pone ad
essiccare in stufa o in luogo riparato ed asciutto. Al termine di questa
operazione si recupera il precipitato di solfato di bario perfettamente
asciutto.
E' possibile, eventualmente, effettuare l'operazione utilizzando un filtro a
pieghe che ha il vantaggio di una maggior rapidità di filtrazione.
Centrifugazione: si prende la provetta da centrifuga, la si agita per
mescolare il precipitato alla fase acquosa e la si pone in uno dei fori della
centrifuga; nel foro opposto si pone una provetta con acqua per bilanciare il
cestello. Si accende l'apparecchio e lo si fa girare per circa 20 secondi; lo si
spegne, si attende che il cestello si fermi e si estrae la provetta. Si osserva
il precipitato ben depositato sul fondo.
Parte terza: estrazione con solvente:
In 50 mL di acqua distillata, versati in un becker, si fanno sciogliere pochi
cristalli di iodio, fino a formazione di una soluzione debolmente gialla.
Si versa la soluzione, trattenendo eventuali cristalli non sciolti, in un imbuto
separatore da 250 mL, col rubinetto chiuso, e si aggiungono 30/40 mL di tetracloruro di carbonio . Si tappa l'imbuto, si agita con vigore per alcuni
secondi e si pone l'apparecchio su idoneo sostegno. Subito si nota che il
tetracloruro di carbonio si colora di viola, mentre l'acqua tende a schiarirsi.
Il CCl4 è, infatti, un solvente selettivo per
lo iodio per cui lo sequestra all'acqua. A causa della immiscibilità dei due
liquidi e della maggior densità del tetracloruro ( d=1.59 ), le due fasi
risulteranno ben distinte, lo strato inferiore il tetracloruro e quello
superiore l'acqua. Si lascia riposare per alcuni minuti e si procede, quindi, al
gocciolamento del tetracloruro di carbonio attraverso il rubinetto inferiore.
L'estrazione dovrebbe essere ripetuta più volte con solvente fresco.
Nota operativa: in mancanza di tetracloruro di carbonio si può
utilizzare del benzene o, al limite, della benzina, con
l'avvertenza che per la loro minore densità le fasi risulteranno invertite.
Parte quarta: distillazione:
Si monta il sistema di distillazione collegando il pallone codato al
refrigerante in modo opportuno. Si fissa il tutto a due supporti con pinze e si
pone il pallone sul treppiede del bunsen, avendo cura di interporre una
reticella amiantata. Si collega al beccuccio inferiore del refrigerante il tubo
di carico dell'acqua ed a quello superiore il tubo di scarico; si connettono
detti tubi al sistema idrico del laboratorio facendo scorrere un piccolo flusso
d'acqua fredda. Si verifica la stabilità dell'impianto.
Si pongono nel pallone, utilizzando un imbuto adeguato, circa 200 mL di acqua nella quale è stata precedentemente sciolta una punta di spatola di bicromato di potassio. Si aggiungono alla soluzione una decina di palline di
vetro per favorire il rimescolamento durante l'ebollizione. Dopo questa
operazione si tappa il foro del pallone con un tappo in gomma nel quale è stato
inserito il termometro, avendo cura di far giungere il bulbo dello stesso
all'altezza della codatura.
Si pone una beuta all'uscita del refrigerante per raccogliere il distillato e
si colloca il bunsen sotto il treppiede, accendendo la fiamma.
Dopo alcuni minuti la soluzione giunge al punto di ebollizione; è possibile
leggere sul termometro un valore di temperatura di 100 °C
(± 1 °C ).
Il vapor d'acqua inizia a condensarsi sul refrigerante e, quindi a cadere
nella beuta, sotto forma di acqua distillata del tutto incolore.
La distillazione ha provocato la separazione del soluto K2Cr2O7 dal solvente acqua.
Continuando nella distillazione si osserva un progressivo inscurimento della
soluzione ancora da distillare per l'ovvio aumento di concentrazione del soluto.
Portando ad estreme conseguenze l'operazione con la distillazione di tutto il
solvente acqua, nel pallone non resteranno che cristalli di bicromato di
potassio.

Nota operativa: in luogo del bicromato di potassio può essere
utilizzato un qualsiasi sale che dia soluzione colorata ( es. sali di rame, sali di ferro II ). Si sconsiglia l'uso del permanganato di potassio in quanto i suoi residui possono incrostare il pallone e sono difficili da
eliminare.
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