Il progetto Pl@ntnet

La Botanica è sempre stata una scienza che ha interessato l’uomo per il fatto che le piante sono presenti, tranne le latitudini estreme, in ogni parte della terra, compresi i mari e le acque interne. Alghe unicellulari,  Briofite, Pteridofite, Gimnosperme, Angiosperme -mono e di-cotiledoni sono, da sempre, in stretto contatto con l’uomo.
Attualmente le specie di piante catalogate si avvicina ai 400.000, ma si presume che siano di più e molte ancora da scoprire.

Riconoscere le piante non è mai stato un esercizio semplice, in quanto per farlo bisogna poter disporre, per un esame approfondito, la foglia, i frutti, il fusto, il sistema radicale. Insomma, un lavoro certosino che richiede tempo, pazienza ed applicazione. Quando studiavo alla Facoltà di Scienze Biologiche l’esame di Botanica consisteva anche di una prova di riconoscimento, utilizzando le chiavi dicotomiche.

A fare questo, da un po’ di tempo, può aiutare l’informativa, con la quale è possibile creare dei database delle piante note, con i caratteri utili al riconoscimento. Sfruttando la fotografia digitale -è sufficiente la fotocamera di uno smartphone- è possibile comparare la pianta che si vuol riconoscere con quelle presenti nel database. Certo, non illudiamoci che la ricerca funzioni sempre, anzi gli errori sono frequenti, e non basta certo una foto di un albero o una pianta, ma è necessario fotografare i caratteri distintivi, come detto: foglia, fiore, fusto o corteccia.

Da non molto tempo è disponibile in Internet un progetto di origine francese: Pl@ntnet. Si tratta, questa è l’innovazione, di un progetto cooperativo. Chi installa l’app sul proprio smartphone e si crea un utente, del tutto gratuito, può fotografare uno dei caratteri di una pianta e inviarla al database. Questo darà una risposta indicando sia il nome secondo la classificazione linneiana e seguenti, quello nella lingua che si usa, la percentuale di conferme o correzioni avute da altri utenti.

Infatti il tratto distintivo di Pl@ntnet è la collaborazione. Chiunque può creare un “gruppo” che può essere pubblico (ed allora ciascuno potrà inviargli i suoi contributi), oppure provato e solo il proprietario potrà aggiungere nuovi contributi.

Gli altri utenti possono anche confermare oppure correggere le classificazioni proposte. In tal modo il database cooperativo si amplierà ogni giorno di informazioni e sarà possibile raffinare le classificazioni eliminando gli errori.

Al momento ho iniziato creando due gruppi, uno relativo alle piante che si incontrano lungo l’Acquedotto storico genovese, ed uno relativo a quelle presenti nei parchi, nei giardini e nelle ville storiche genovesi:

Piante dei parchi e ville storiche di Genova

Piante dell’acquedotto storico

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I chiusini dell’acquedotto storico di Corso Paganini

Una curiosità del tratto urbano di Castelletto dell’acquedotto cono i chiusini di controllo che si trovano in Corso Paganini, lato di ponente, lungo il marciapiedi.
Sono in numero di 10, costruiti con pesante marmo in diverse parti staccabili, in modo che fosse più agevole aprire il varco ove qualcuno si calava per la manutenzione. Alcuni chiusini sono chiaramente numerati, altri non lo sono, e un paio non sembrano essere collocati nella giusta progressione.

Dal lato di Ponte Caffaro il primo chiusino è chiaramente indicato come il numero “2”, a cui segue il “3”. Poi gli altri, anche se un paio non è chiaro che numero abbiano.
Si arriva a Piazza Villa dove si nota un chiusino del tutto diverso dai precedenti, probabilmente dovuto ad un rifacimento successivo del marciapiedi, ma indicato con il numero “10”.

La condotta prosegue in Piazza Goffredo Villa, supera un palazzo ed arriva al piccolo ponte canale di Salita San Gerolamo (interessanti i bronzini con sportello), attraversa la spianata e scende giù verso il centro storico.

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Barchile di piazza Ponticello

I cinque barchili genovesi

Il barchile è una fontana marmorea posta quasi sempre al centro di una piazza importante, ad esempio quelle destinate a mercato. Per lo più venivano utilizzate per attingere acqua da portare a casa per le necessità domestiche, ma anche per lavare e ravvivare le verdure ed i pesci in vendita nel mercato. Secondo alcuni documenti sembra che a Genova vi fossero solo sette barchili ma si ha testimonianza di soli cinque, quelli che, con diverse avventure, sono giunte ai giorni nostri.

Erano altresì utilizzate, quelle vicine ai moli, dai marinai sbarcati per lavarsi il salino raccolto in mesi di navigazione.

Con le varie ristrutturazioni urbanistiche alcuni barchili furono distrutti, altri furono spostati qua e là nel centro di Genova fino alla collocazione attuale.

Il barchile di piazza Ponticello (poi in Campetto)

Dal 1643 un barchile, opera di Giovanni Mazzetti, si trovava in Piazza Ponticello (Ciassa de Pôntexellô). Esso presenta una colonna intarsiata terminante con teste d’ariete che sorreggono una ampia vasca decorata da maschere mitologiche, ognuna con zampilli versi il basso.

Al di sopra della vasca vi è una statua rappresentante un fauno che suona una conchiglia.

Alla base del barchile vi sono quattro rubinetti in bronzo ed ottone.

I cittadini che abitavano in case prive di collegamento ad un bronzino personale (in pratica la maggior parte…) attingevano dai rubinetti l’acqua da portare a casa propria. Questa funzione era spesso esercitata da donne robuste (camalle d’ægua) che lo facevano dietro pagamento.

L’acqua veniva fatta cadere dagli zampilli superiori in modo che le portatrici non dovessero piegarsi riempiendo così più facilmente i secchi che avevano sulla testa.

Si narra, inoltre, che all’alba alcuni lattai disonesti allungavano con acqua il latte giunto dalle campagne. Infine, sembra che nel barchile a fine mattinata le pescivendole (pesciæë) ambulanti lavavano i pesci rimasti per ravvivarne un po’ l’aspetto lasciando però un cattivo odore (odô de refrescûmme).

E’ possibile collocare piazza Ponticello nell’attuale assetto urbanistico: la piazza corrisponde più o meno allo slargo di Via Fieschi, vicino via XX settembre. Nella foto del 1909 è visibile il barchile nella sua collocazione originale. Con le ristrutturazioni urbanistiche del XX secolo, il barchile trovò la sua collocazione finale in Piazza Campetto.

L’acqua proveniva dal ramo di Castelletto dell’acquedotto, probabilmente da una derivazione nei pressi di Porta Soprana.

Barchile di piazza Campetto

Piazza Ponticello
Piazza Ponticello col barchile nel 1909

Il barchile di Ponte reale (poi in Piazza Colombo)

Il barchile di Ponte reale fu fatto costruire nel 1643 da Giovanni Battista Orsolino. Presenta un’ampia vasca ottagonale in marmo bianco con i bordi tondeggianti ed decorati da maschere mitologiche per gli zampilli che cadono in quattro vasche semicircolari.

Al centro un pilastro a base quadrangolare sorregge quattro delfini, da cui fuoriescono gli zampilli che cadono nella vasca, e a loro volta, sostenenti quattro cariatidi.

Sopra una coppa istoriata, di epoca successiva, entro la quale si erge la statua rappresentante una donna alata che suona una conchiglia.

Si tratta di una allegoria o personificazione della fama, intesa come maldicenza, calunnia o diceria. Essa è dotata di numerosi occhi, lingue ed orecchie, ed incarna il potere che ha la parola di propagarsi velocemente e costruire una versione della realtà distorta.

Il barchile era alimentato dal ramo del Molo dell’acquedotto, anche se in seguito fu aggiunto un flusso maggiore facendo seguito alle richieste delle navi che attraccavano ai moli.

Nel 1861 una ristrutturazione urbanistica interessò la zona di Caricamento e del Ponte reale, per cui il barchile fu spostato in Piazza Colombo, ove trovasi tuttora. Purtroppo la zona circostante al barchile è stata malauguratamente data in concessione a ristoranti della zona nel periodo pandemico, rovinando la vista della più bella fontana della città.

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Piazza Soziglia (poi in Piazza Bandiera)

Fu costruito da Matteo Carlone nel 1587 in piazza Soziglia. A seguito delle proteste degli abitanti della piazza, fu spostato nella contigua piazza Lavagna e nello spostamento si perse la parte sommitale che rappresentava una sirena.

Nel 1725 fu aggiunto un gruppo marmoreo rappresentante Enea in fuga, con sulle spalle il padre Anchise ed il figlio Ascanio accanto all’eroe. Alla metà del XIX secolo il barchile fu trasferito in Piazza Fossatello e nel 1870 in Piazza Bandiera, allora sede del mercato ortofrutticolo.

Attualmente il barchile è al centro di un parcheggio, con un paio di stalli per auto addossati. Un vero insulto alla storia della città.

Il barchile ha base ottagonale con tre gradini ad arrivare ad una parte costituita da ampie lastre di marmo, quattro delle quali, alternate, portano una testa leonina che dovrebbe far zampillare l’acqua in quattro vasche semicircolari.

Al di sopra una colonna a base circolare sorregge il gruppo marmoreo.

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il toponimo è chiaro: in quella piazza si radunavano le “besagnine”, ovvero le contadine della piana del torrente Bisagno, per vendere i loro prodotti (a Km zero !!!).

Per questo nel 1695 fu da molti richiesto ai governanti di poter disporre di una fontana per lavare e ravvivare le merci.

Due anni dopo, nel 1697, come chiarisce l’incisione sul marmo, fu costruito un semplice barchile costituito da una colonna in marmo di Carrara a pianta quadrata ed un accenno di vasca, in pratica un bordo circolare di pochi centimetri.

Successivamente la colonna fu abbellita da una scultura di da Giovanni Tommaso Orsolino rappresentante un putto con avvinghiato un pesce, probabilmente una grossa murena.

Nel basamento un rubinetto consentiva di attingere acqua che arrivava, molto probabilmente, dal ramo delle Fucine dell’acquedotto secentesco.

Il barchile di piazza delle erbe è l’unico di Genova a non essere stato mai spostato dalla collocazione originale. Solo nel XIX, probabilmente nel 1871, secolo fu ruotata verso Piazza Nuova che in seguito diventò piazza Matteotti.

 

Donne in fila alla fontana di Piazza delle Erbe (II metà XIX secolo)

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza Marsala

Una prima avvertenza: in alcuni siti il barchile che attualmente si trova in Piazza Marsala è confuso con quello risalente al 1536 e collocato in Piazza Nuova. Si tratta di due barchili differenti come da un interessante studio di Armando Di Raimondo e pubblicato nella rivista “A compagna” nel 2017 (http://www.acompagna.org/rivista/2017/index.htm).

Il barchile di cui parliamo risale al 1639 costruito da Rocco Pellone su incarico dei Padri eremitiani di Sant’ Agostino, allo scopo di abbellire il chiostro del loro convento.

Nel periodo della repubblica Ligure. 1797, il barchile fu trasferito all’Acquasola, nel cosiddetto “boschetto”, e lì rimase fino al 1869 quando trovò collocazione nello slargo di Via Palestro che prese il nome di Piazza Marsala.

In origine presentava una vasca di marmo bianco mistilinea con dentro un piedistallo costituito da 4 delfini aggrovigliati e sostenenti con le code una conchiglia. Dalle narici dei delfini sgorga uno zampillo d’acqua. La conchiglia era abbellita da quattro maschere, da cui sgorga acqua.

Sopra la conchiglia è presente un vaso che schizza l’acqua in alto.

In seguito la vasca marmorea fu sostituita da una in granito e tolto il vaso. In pratica, ad oggi, restano i delfini e la conchiglia.

Nel 2022 il barchile è stato oggetto di restauro, in particolare eliminando le concrezioni calcaree, la proliferazione di muschi ed i danni prodotti dallo smog. Le lastre della vasca sono state riportate all’originario colore grigio scuro dell’andesite, seondo quanto dichiarato dai restauratori, anche se a me sembrano troppo scure, probabilmente per presenza di basalto.

E’ plausibile che dopo la collocazione nella Piazza Marsala, l’acqua fosse attinta dall’acquedotto ottocentesco.

Il barchile di Piazza Marsala nei primi anni del XX secolo

Il barchile di Piazza Marsala

Il barchile di Piazza Marsala

Il barchile di Piazza Marsala

Raccolta fotografica

Barchile di piazza Campetto

Barchile di piazza Colombo

Barchile di piazza delle Erbe

Barchile di piazza Marsala

Barchile di piazza Bandiera

 

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Acquedotto storico: il ramo delle Fucine

Come visto in precedenza, l’acquedotto genovese una volta entrato in quella che oggi è nota come “Circonvallazione a monte”, si divideva in due rami. A ponente il ramo di Castelletto, a levante il ramo delle Fucine.

La divisione tra i due rami avveniva in quella che oggi è corso Magenta, in prossimità di via Mameli. Il ramo delle Fucine scendeva per il bosco dei Cappuccini verso la villetta Di Negro, alimentava la cascata scenografica, e si portava alle spalle di Palazzo Spinola, ora sede della Città metropolitana e della Prefettura.

Un tratto di condotta su archi è visibile accedendo in via Grenchen sul lato sinistro del palazzo della Città metropolitana (in pratica ove è l’autorimessa).

Da lì la condotta superava con un ponte canale salita Santa Caterina e si dirigeva con un percorso che non è più verificabile, verso la collina di Piccapietra, passando per le strade ove avevano sede sia tintori che fucine di metalli e passava accanto alla Porta Aurea, non più visibile.

Da lì la condotta si portava su Porta Soprana e proseguiva sul percorso delle mura medievali, su quella che oggi è chiamato passo delle Murette. Da notare che detto passo, pur pubblico, non è accessibile in quanto chiuso da un cancello che limita l’accesso ai soli abitanti.

Interessante osservare sul lato posteriore della Porta Soprana due cannoni d’acqua piombati.

Sotto il passo delle Murette, dal lato di levante, si possono osservare un arco tra edifici in vico Gattilusio e in salita di Coccagna, diversi bronzini numerati ed un lavatoio.

Dall’altro lato del passo delle Murette, in quelli chiamati Giardini Baltimora, si osservano i Lavatoi del Barabino o della Marina. Questi lavatoi erano posizionati alla fine di via della Marina, e furono spostati a seguito della trasformazione urbanistica della zona. Sono un reperto storico interessante in quanto risalgono al periodo della Repubblica di Genova, completati nel 1797.

Superata via Ravasco, la condotta si divideva in un tratto che alimentava la cisterna pubblica di piazza Sarzano ed una che passava dapprima per vico San Salvatore, inserendosi tra gli edifici, e poi per Campopisano.

Da lì proseguiva per le mura delle Grazie, fino alla cisterna che si trovava interrata sotto la piazza omonima.

Percorso

Ramo delle fucine

Foto

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Acquedotto storico di Genova: da Castelletto al Molo

Ripartiamo dal ponte-canale che attraversa salita San Gerolamo, a pochi metri da piazza Goffredo Villa. La condotta in quel punto mira a ponente per un percorso non più individuabile, ma che probabilmente passava parallela a salita alla Spianata di Castelletto.

Infatti, quasi al termine della ripida discesa, è possibile osservare, dietro un cancello, una serie di bronzini, ciascuno identificato con un numero ed uno da una targa metallica recante la scritta “SPEDALI CIVILI“.

La discesa termina in salita dell’Acquidotto e svoltando a destra si osserva un archivolto tra i palazzi posti ai lati. Questo archivolto è la prosecuzione della condotta; si notano alcuni bronzini, una scala metallica a pioli (inchiavardata al muro con una serratura antifurto) ed una porta le cui chiavi erano in possesso degli aventi diritti.

Sotto l’archivolto inizia salita della Rondinella che presenta subito, dopo 10 metri, un interessante manufatto: il “castello d’acqua“.

Questo è un manufatto in ferro da cui si dipartono diversi tubi che vanno alle varie utenze. Il castello consente una ripartizione dell’acqua in modo che tutti ne abbiano una quantità uguale. E’ un vero peccato che il castello sia in pessime condizioni, arrugginito e avvolto da piante infestanti.

Da quel punto la condotta scendeva, arrivava all’attuale via Cairoli, superandola con un ponte-canale, si addentrava nella zona di vico Croce bianca, poi per via delle Fontane fino alla Porta dei Vacca che superava con un arco teso tra le due torri, proseguendo verso levante lungo l’attuale via Gramsci.

Arrivata alla zona di Sottoripa la condotta correva su numerosi archi, alcuni dei quali sono tutt’ora visibili. Un arco della condotta è visibile anche allo sbocco di vico del Campo sulla via Gramsci, tra i due palazzi.

Interessante osservare nella facciata del palazzo di piazza Caricamento che fa angolo con via al Ponte reale, un troglietto che serviva per derivare l’acqua a più utenze, probabilmente ad una fontana vicino alla calata, dove le navi potevano approvvigionarsi.

Tale fontana o barchile fu spostata in piazza Colombo, in quanto con il rifacimento dei moli aveva perso la sua utilità

Anche qui, sulla facciata del palazzo di piazza Caricamento, è ancora esistente una porta di ispezione, le cui chiavi erano disponibili solo ai manutentori del tratto.

La condotta proseguiva sotto Palazzo San Giorgio, ove l’acqua era utilizzata per muovere i macchinari della zecca della repubblica genovese, e poi fino a via del Molo dove è presente la Fontana del Molo.

Questa fontana, a forma di parallelepipedo, presenta molti bronzini con lastre identificative in marmo, una edicola dedicata a San Giovanni, e sul lato verso mare un punto di prelievo pubblico per coloro, per altro la maggioranza dei cittadini, non avevano bronzini privati.

Percorso

Foto

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Acquedotto storico di Genova: da piazza Manin a Castelletto

Una volta oltrepassata la zona di Staglieno e il fossato di San Pantaleo, l’acquedotto storico di Genova arriva a fianco della chiesa del Santissimo Sacramento, tra la fine di via Burlando e l’inizio di via delle Ginestre.

La condotta da lì segue le curve di livello, praticamente come avviene oggi per la via Burlando, che, come è noto, è stata aperta tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Con questa sistemazione urbanistica, l’acquedotto è stato praticamente cancellato nel suo percorso, rimanendo ad oggi solo alcune piccole emergenze tra i palazzi e la sottostante via Montaldo.

E’ noto che arrivati alla piazza Montaldo, ora largo Giardino, la condotta dapprima la superava con un ponte-canale, in seguito per una galleria costruita sotto il terrapieno che oggi ospita la stazione della Ferrovia di Casella, e a fianco della Porta di San Bartolomeo.

L’acquedotto arrivava così alla fine di via Cesare Cabella, e ciò è avvalorato da un muraglione sorretto da archi, che si trova dietro il civico n.3 di Piazza Manin. Da lì la condotta attraversa la piazza e prosegue per quello che oggi è passo San Bartolomeo.

Al termine del passo l’acquedotto arriva in prossimità dell’ingresso della chiesa di San Bartolomeo degli Armeni (si notano dei lastricati sul marciapiede), e prosegue per una stretta via, chiamata (guarda un po’) passo dell’Acquidotto. Il passo è diviso in due da una piccola piazza, largo Pacifici, e termina sui bastioni ottocenteschi che sovrastano via Palestro.

Molto interessante osservare dalla sommità della scalinata, verso sinistra, degli archi che sorreggono il tratto della condotta che, dopo pochi metri diventa il marciapiede in lastre di pietra di Luserna, prima di corso Solferino, quindi di corso Magenta.

Oltrepassata villa Gruber-De Mari, il corso fa una curva a destra di 90°. Nel vertice della curva si nota una corta crêuza che scende nella sottostante via Mameli. La mattonata a destra presenta un muro ricoperto di cocci di vetro, tipicamente genovese, al di là del quale vi è l’edificio del liceo Pertini-Lambruschini.

In questo punto l’acquedotto si divide in due rami: uno detto Ramo delle Fucine, che entrava nel complesso conventuale dei Cappuccini, precisamente nel bosco, e correva oltre la Villetta Di Negro, e di lì alla parte più orientale della città.

L’altro ramo, detto Ramo di Castelletto, prosegue lungo corso Magenta, sempre sotto il marciapiede, oltrepassa giardini Acquarone, ed arriva al ponte Caffaro. Superato questo prosegue lungo corso Paganini fino a salita San Gerolamo ove è possibile osservare l’unico ponte canale del tratto. Passato Castelletto, l’acquedotto scende lungo il crinale occidentale della collina dove sono visibili alcuni tratti, diversi bronzini ed un pregevole, purtroppo abbandonato a sè, “castello d’acqua“.

Da notare che in corso Paganini, lungo il lato della condotta, sono presenti 10 chiusini in marmo per la manutenzione del tratto. Il decimo chiusino è praticamente in Piazza Villa ed è diverso dai precedenti, ma chiaramente indicato col numero 10. Parimenti non si capisce perchè il primo chiusino sia numerato “3” a meno che altri due non fossero presenti prima della costruzione del Ponte Caffaro e da questi inglobato.

Fotografie

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