Fratelli Cervi

I sette fratelli Cervi

Sette fratelli come sette olmi,

alti robusti come una piantata.

I poeti non sanno i loro nomi,

si sono chiusi a doppia mandata :

sul loro cuore si ammucchia la polvere

e ci vanno i pulcini a razzolare.

I libri di scuola si tappano le orecchie.

Quei sette nomi scritti con il fuoco

brucerebbero le paginette

dove dormono imbalsamate

le vecchie favolette

approvate dal ministero.

Gianni Rodari

 

l 28 dicembre del 1943 quando i sette fratelli Cervi, Gelindo (1901), Antenore (1906), Aldo (1909), Ferdinando (1911), Agostino (1916), Ovidio (1918), Ettore (1921), nati a Campegine (Reggio Emilia), Partigiani, furono fucilati dai fascisti repubblichini, dopo essere stati barbaramente torturati, all’alba del 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia insieme a Quarto Camurri.

La nostra Costituzione democratica è stata scritta con il sangue dei Partigiani.

Fratelli Cervi

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La Liberazione di Genova

La Liberazione di Genova

Il 23 aprile 1945 ebbe inizio l’insurrezione che portò nei due giorni successivi alla resa delle forze armate tedesche nelle mani del Comitato di Liberazione Nazionale.

La presenza di militari tedeschi era cospicua per numero, dai 25 ai 30 mila, che per armamenti.

Le forze partigiane di città , inquadrate nei GAP, Gruppi di Azione Patriottica (formazioni legate ai diversi schieramenti politici), utilizzate prevalentemente per azioni di sabotaggio e delle SAP, Squadre di Azione Patriottica simili alle precedenti ma più ridotte nel numero di aderenti. A questi erano pronte ad unirsi le formazioni di montagna, prevalentemente inquadrate nelle Brigate Garibaldi.

Il numero complessivo di insorti non superava, al momento i 5000, con armamenti quasi sempre leggeri.

Nonostante la predominanza di uomini e mezzi il comandante della piazza di Genova, il generale Günther Meinhold, si rese conto che la difesa della città non era possibile e difficile anche la fuga, in quanto le strade che portavano a nord, a partire dalla Camionale per Milano, erano bloccate dai Partigiani. Da sud, pur lentamente, stavano muovendosi le truppe alleate, per cui il generale tentò una mediazione che consentisse ai tedeschi di allontanarsi, in cambio non sarebbe stato distrutto il porto, già minato.

La mediazione fu condotta  dal cardinale Boetto e dal vescovo ausiliare Siri, ma, nella notte del 23 aprile, il CNL bocciò tale proposta dando al contempo l’ordine di sciopero generale e di insurrezione.

Il giorno successivo, il 24 aprile, dalla prima mattina iniziarono gli scontri sia con armi leggere che con mortai. I Partigiani conquistarono diverse posizioni strategiche, seppur non ancora sufficienti a dare il controllo a tutta la città.

Il 25 aprile, dall’alba, ripresero cruenti gli scontri e le formazioni partigiane conquistarono diversi punti strategici. Nel frattempo una buona parte dei militari tedeschi, compreso il comandante, era bloccato nella fuga a Savignone dalle brigate partigiane ivi operanti. Meihnold fu raggiunto da un giovane partigiano, Carmine Alfredo Romanzi, successivamente docente di Microbiologia all’Università di Genova e per anni Rettore magnifico, che gli consegno una lettera del cardinale Boetto ed una proposta di resa al CNL.

Meihnold, vedendo che non vi era possibilità alcuna di ritirata, fece ritorno a Genova e alle 19.30 del 25 aprile si incontrò a Villa Migone, nel quartiere di San Fruttuoso, con i rappresentanti del CNL, e firmò insieme al comandante partigiano Remo Scappini l’atto di resa incondizionata.

Genova fu la prima città italiana a liberarsi da sola imponendo ai tedeschi la resa senza condizioni.

Tre giornate tra le più luminose della storia del ‘900 che oggi, di fronte ai rigurgiti neofascisti, favoriti dal governo fascio-leghista, devono essere degnamente celebrate, in quanto da quella lotta sono nate la Repubblica democratica ed antifascista e la sua Costituzione, considerata una delle migliori al mondo.

Purtroppo l’errore che fu fatto alla fine della guerra fu quello di non estirpare completamente il cancro del fascismo, credendo che una riconciliazione nazionale fosse possibile. Invece, dopo 70 anni, le metastasi si sono riprodotte, sotto una diversa e per certi versi più subdola forma. Questo si evidenzia con il ridimensionare la valenza storica della Resistenza, utilizzando anche falsi storici, cercando di equiparare dal punto di vista ideale sia chi combatté dalla parte giusta che ci fu alleato e complice dei nazisti.

Sappia chi sta portando avanti questo osceno progetto che i nipoti dei Partigiani, educati ai valori della Democrazia e della Resistenza, sapranno fare come i loro nonni, affrontando e sconfiggendo ancora una volta, senza paura né remore, il fascismo in tutte le sue forme.

Atto di resa

“In Genova il giorno 25 aprile 1945 alle ore 19:30, tra il sig. Generale Meinhold, quale Comandante delle Forze Armate Germaniche del settore Meinhold, assistito dal Capitano Asmus, Capo di Stato Maggiore, da una parte; il Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria, sig. Remo Scappini, assistito dall’avv. Errico Martino e dott. Giovanni Savoretti, membri del Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria e dal Maggiore Mauro Aloni, Comandante della Piazza di Genova, dall’altra; è stato convenuto:

  1. Tutte le Forze Armate Germaniche di terra e di mare alle dipendenze del sig. Generale Meinhold si arrendono alle Forze Armate del Corpo Volontari della Libertà alle dipendenze del Comando Militare per la Liguria;
  2. la resa avviene mediante presentazione ai reparti partigiani più vicini con le consuete modalità e in primo luogo con la consegna delle armi;
  3. il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria si impegna ad usare ai prigionieri il trattamento secondo le leggi internazionali, con particolare riguardo alla loro proprietà personale e alle condizioni di internamento;
  4. il Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria si riserva di consegnare i prigionieri al Comando Alleato anglo-Americano operante in Italia.

Documento in quattro esemplari di cui due in italiano e due in tedesco

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Quirinale

Berlusconi al Quirinale un’offesa alla dignità della Repubblica

La lettera aperta ai grandi elettori Tre ex presidenti della Corte Costituzionale e centinaia di giuristi e intellettuali: la candidatura di Berlusconi al Quirinale è “un’offesa alla dignità della Repubblica e di milioni di cittadini italiani”.

La Fondazione Basso ha promosso un appello (redatto da Lugi Ferrajoli, Gaetano Azzariti e Franco Ippolito), rivolto ai grandi elettori, sulla candidatura di Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica.

Il testo è stato già sottoscritto da tre ex presidenti della Corte costituzionale (Valerio Onida, Gustavo Zagrebelsky, Gaetano Silvestri), da molti autorevoli giuristi e costituzionalisti (tra cui Roberto Bin, Paolo Caretti, Lorenza Carlassare, Mario Dogliani, Riccardo Guastini, Francesco Pallante, Roberto Romboli, Massimo Villone, Mauro Volpi, Vladimiro Zagrebelsky, Roberto Zaccaria), da filosofi della politica (tra cui Giacomo Marramao, Marco Revelli, Nadia Urbinati), da personalità della cultura (tra cui Dacia Maraini, Carlo Ginzburg).

Ecco il testo:

Considerazioni per gli elettori del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica deve essere espressione dell’«unità nazionale», come richiede l’articolo 87, 1° comma della Costituzione. E’ garante di questa Costituzione e deve assicurare fedeltà ad essa come impone l’articolo 91.
L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica, come è preteso dall’articolo 84, 2° comma. Egli presiede il Consiglio Superiore della Magistratura a garanzia dell’autonomia e indipendenza dell’ordine della magistratura da qualsiasi altro potere, come è scritto negli articoli 87 e 104.

Silvio Berlusconi, protagonista di uno scontro che per lunghi anni ha diviso il nostro Paese, già esponente della loggia P2 che aveva come fine l’instaurazione in Italia di un’altra Repubblica, titolare tuttora di un vistoso conflitto di interessi, condannato per gravi reati, prosciolto per prescrizione da delitti di corruzione e tuttora imputato in procedimenti penali, non ha i requisiti per poter svolgere le funzioni di Capo dello Stato.

Riteniamo pertanto un’offesa alla dignità della Repubblica e di milioni di cittadini italiani il fatto che venga candidato a Presidente della Repubblica.

Roma, 17 gennaio 2022

Hanno aderito:
Maria Fausta Adriani, Vittorio Agnoletto, Fabio Alberti, Alessandra Algostino, Mario Agostinelli, Stefano Anastasia, Valerio Aprea, Maurizio Acerbo, David Armando, Franco Astengo, Gaetano Azzariti, Luca Baccelli, Francesco Baicchi, Maria Vittoria Ballestrero, Mauro Barberis, Fabrizio Barca, Laura Barile, Antonella Barina, Vincenzo Barnaba, Elena Basso, Paola Basso, Sofia Basso, Francesca Barzini, Vittorio Bellavite, Sergio Bellucci, Antonella Bellutti, Giovanni Benzoni, Myriam Bergamaschi, Irene Berlingò, Mario Beschi, Piero Bevilacqua, Anna Maria Bianchi, Roberto Bin, Italo Birocchi, Roberto Bisceglia, Michelangelo Bovero, Marco Brigaglia, Massimo Brutti, Romeo Bufalo, Giovanna Caggia, Antonello Calore, Roberta Calvano, Antonio Cantaro, Piero Caprari, Francesco Carchedi, Paolo Caretti, Devino Caregnato, Lorenza Carlassare, Paolo Carnevale, Thomas Casadei, Elisabetta Catenacci, Adolfo Ceretti, David Cerri, Furio Cerutti, Irene Cervellera, Silvia Chiatante Corsi, Maurizio Chierici, Antonello Ciervo, Nicola Colaianni, Amalia Collisani, Luigi Condorelli, Giancarlo Consonni, Paolo Corsini, Pietro Costa, Giuseppe Cotturri, Andrea Deffenu, Stefano Deliperi, Raffaele De Leo, Roberta De Monticelli, Giovanna De Sensi, Francesco De Vanna, Enrico Diciotti, Paolo Di Lucia, Francesco Di Matteo, Piero Di Siena, Mario Dogliani, Francesco Donfrancesco, Giannina Dore, Angelo D’Orsi, Alessandra Facchi, Anna Falcone, Maria Fano, Fiorenzo Fantaccini, Gianni Farneti, Tommaso Fattori, Paolo Favilli, Luigi Ferrajoli, Alessandro Ferrara, Maria Rosaria Ferrarese, Roberto Ferrucci, Francesca Fici, Mara Filippi Morrione, Roberto Finelli, Mario Fiorentini, Carlo Fiorio, Domenico Gallo, Luigi Ganapini, Olivia Ghiandoni, Alfonso Gianni, Giovanni Giannoli, Carlo Ginzburg, Lisa Ginzburg, Chiara Giorgi, Elisa Giunchi, Enrico Giusti, Alfiero Grandi, Dino Greco, Riccardo Guastini, Maria Pia Guermando, Maria Teresa Iannelli, Franco Ippolito, Pino Ippolito Armino, Giulio Itzcovich, Antonio Jovene, Francesca Koch, Maria Lalatta Costerbosa, Rossella Latempa, Raniero La Valle, Cristina Lavinio, Marina Leone, Maria Concetta Liberatore, Massimo Loche, AnnaLoretoni, Mario G. Losano, Claudio Luzzati, Cristiana Mancinelli Scotti, Dacia Maraini, Nicoletta Maraschio, Fabio Marcelli, Valeria Marcenò, Laura Marchetti, Giacomo Marramao, Paola Marsocci, Eleonora Martelli, Maria Antonella Martelli, Antonio Marturano, Luca Masera, Ignazio Masulli, Lorenzo Mattotti, Silvio Mazzarese, Tecla Mazzarese, Ezio Menzione, GianGiacomo Migone, Marino Missirini, Sara Modigliani, Giancarlo Monina, Tomaso Montanari, Andrea Mulas, Paolo Napoli, Luigi Narducci, Hannà Nassisi, Cinzia Niccolai, Vito Noviello,Valerio Onida, Daniela Padoan, Paola Paesano, Francesco Pallante, Marina Pallottini, Massimo Pàlmera, Giovanni Palombarini, Paola Palombaro, Maria Pia Palombini, Ilaria Minio Paluello, Francesco Pardi, Elena Pariotti, Rita Paris, Paola Parolari, Francesca Paruzzo, Valentina Pazé, Rossano Pazzagli, Barbara Pezzini, Pierluigi Pedretti, Vera Pegna, Livio Pepino, Enrico Peyretti, Attilio Pisanò, Tamar Pitch, Piero Pollastro, Pier Paolo Portinaro, Lucia Re, Silvia Rea, Adrian Renteria Diaz, Giuseppe Ugo Rescigno, Eligio Resta, Marco Revelli, Francesco Riccobono, Salvatore Ritrovato, Nicola Riva, Roberto Romboli, GraziellaRumer Mori, Andreina Russo, Giuseppe Salmè, Mariuccia Salvati, Vittorio Salvatore, MariaCristina Sangelantoni, Maria Adelaide Sanna, Valia Santella, Emilio Santoro, GiuseppeSaponaro, Gino Satta, Maria Teresa Savio Hooke, Aldo Schiavello, Gaetano Silvestri, Paolo Solimeno, Alessandro Somma, Maria Stiffoni, Rita Svandrlik, Manuela Tatti, Alessandra Tempesta, Vito Teti, Persio Tincani, Walter Tocci, Gianni Tognoni, Graziella Tonon, Fausto Tortora, Franco Toscani, Gabriella Turnaturi, Nadia Urbinati, Federica Vacca, Roberta Vacca, Silvio Vacca, Enzo Varano, Luigi Vavalà, Guido Viale, Giacomo Viggiani, Vittorio Villa, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Itala Vivan, Mauro Volpi, Roberto Zaccaria, Gustavo Zagrebelsky, Loriana Zanuttigh, Alberto Ziparo.

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Allende e Boric

La Sinistra torna la potere in Cile

In Cile la Sinistra democratica ha vinto le elezioni presidenziali. Gabriel Boric, 35 anni, sconfigge con il 55% dei voti lo sfidante della destra più conservatrice che non ha mai nascosto la sua ammirazione per il boia Pinochet, colui che nel 1973 rovesciò il legittimo governo di Unidad Popular guidato da Salvador Allende.

Una bella notizia per iniziare la settimana, ed anche sapere quanto starà rodendo il fegato ai fascisti nostrani che avevano auspicato la vittoria della destra.

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Sandro Pertini

Sandro Pertini: 125° dalla nascita

Il 25 settembre 1896 nasceva a Stella San Giovanni Sandro Pertini, una delle più luminose figure del ‘900: combattente nella I guerra mondiale, antifascista, autorevole membro della Resistenza, Presidente della Camera dei Deputati e Presidente della Repubblica.

Un uomo che definire un gigante è riduttivo, soprattutto se paragonato ai politici attuali.

Rimane viva in me la campagna per le elezioni politiche del 1972 e l’onore di averlo potuto conoscere.

Sicuramente attuale questa sua frase:

“Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica. Sembra assurdo quello che dico, ma è così: il fascismo a mio avviso è l’antitesi delle fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche. Non si può parlare di fede politica parlando del fascismo, perché il fascismo opprimeva tutti coloro che non la pensavano come lui.”

Quindi con i fascisti, e con chi ne condivida in parte o in tutto l’ideologia, non deve esistere alcun dialogo; essi non possono essere minimamente considerati parte di uno stato democratico, ma solo nemici da combattere senza esclusione di colpi per eliminarli definitivamente dalla faccia della Terra.

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Cesare Pavese

Ricordando Cesare Pavese

Il 27 agosto del 1950 in una stanza dell’albergo Roma di Torino decideva di lasciare questo mondo lo scrittore Cesare Pavese.

E’ stato scrittore di romanzi, racconti, poeta e traduttore e con la sua opera ha percorso gli anni difficili del fascismo, della guerra e della ricostruzione.

A mio avviso è stato uno dei più grandi scrittori del ‘900, raccontando in modo avvincente le Langhe e Torino. La sua poesia è stata innovativa rispetto quella di altri autori del periodo.

Fu fermamente antifascista e per questo fu confinato in un paesino della Calabria.

Purtroppo di Pavese se ne parla poco nella scuola: alcuni docenti ritengono che non sia di facile comprensione, altri semplicemente sostengono di non aver tempo per trattare la seconda metà del ‘900 se non per i “classici” Pirandello, Quasimodo, Ungaretti e Montale): un vero peccato.

 

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In memoria di Antonio Canepa

Il 31 marzo 1983 moriva tragicamente l’onorevole Antonio Enrico Canepa. Era il figlio di uno dei personaggi più famosi dell’indipendentismo antifascista siciliano, Antonio Canepa, ucciso in circostanze mai chiarite nel 1940 in un conflitto a fuoco con i Carabinieri.

Tornato a Genova, città di origine della famiglia, Antonio Canepa frequentò la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova, fondando un gruppo di studenti socialisti. Dopo la laurea, il suo impegno politico aumentò fino ad essere eletto nel 1970 segretario regionale del PSI e membro del Comitato centrale.

Il PSI genovese era in quei tempi suddiviso in quattro correnti: una con a capo Pippo e Paolo Machiavelli, avente come riferimento nazionale il segretario Francesco De Martino, quella del senatore Franco Fossa, collegata a Giacomo Mancini, ed infine quella della sinistra avente come principale figura genovese il futuro sindaco Fulvio Cerofolini e riferimento nazionale Riccardo Lombardi. La quarta corrente era quella che faceva riferimento a Pietro Nenni e poi a Bettino Craxi, ma non ricordo chi furono i referenti locali.

Antonio Canepa –sempre lo chiamammo con un solo -nome fu dapprima legato alla componente demartiniana, pur con una visione completamente diversa da quella dei Machiavelli, in particolare per quanto concerneva le alleanze politiche locali. In seguito, si legò strettamente al grande socialista ligure Sandro Pertini, allora Presidente della Camera dei Deputati e per lunghi anni direttore del giornale socialista “Il Lavoro”.

Nel 1970 fu eletto nel primo Consiglio regionale della Liguria, e ricordo particolarmente quella campagna elettorale alla quale, pur sedicenne, partecipai accompagnando Antonio in diversi comizi nei paesi dell’entroterra, per distribuire materiale elettorale e per parlare con i (pochi) giovani che incontravamo.

Nel 1971 partecipò, come rappresentante della regione Liguria alla elezione del Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

Nel 1972 ci fu una delle più esaltanti campagne elettorali per la Camera dei deputati, e ricordo ancora l’ufficio elettorale che avevamo in un palazzo di Via San Lorenzo, di fronte alla Cattedrale, dove passai molto del mio tempo ad aiutare nella preparazione dei materiali elettorali, ed anche nell’accompagnare, con la patente presa un mese prima e la mia Fiat 500, Antonio in diversi comizi elettorali. Ricordo come fosse ieri il numero 10 che gli fu furbescamente scelto, in modo che fosse facile il collegamento con il numero 1 della lista stessa, quello del capolista Sandro Pertini.

Ricordo anche che Sandro Pertini, allora Presidente della Camera, risiedeva per il tempo della campagna elettorale, in un vagone del treno presidenziale, fermo su un binario della stazione Principe.

Un pomeriggio -al mattino andavo a scuola ed era l’anno della maturità- tornando con la mia Fiat 500 dal Liceo Colombo vidi in Corso Solferino Antonio -egli abitava lì sopra in Salita superiore di San Rocchino- che si sbracciava a mo’ di autostop. Mi fermai, mi riconobbe e mi disse: “Per favore, portami subito in Piazza Cavour, Pertini mi aspetta..:” Visto lo scarso traffico di quegli anni in 10 minuti arrivammo e mi disse, parcheggia e accompagnami dalla “Santa”, il ristorante. Per pura fortuna trovai un posto, andammo al ristorante, fuori c’erano due probabili poliziotti, dentro in un tavolo Sandro Pertini, insieme ad tre o quattro notabili socialisti (ricordo Delio Meoli, Rinaldo Magnani, Francesco Malerba e Fulvio Cerofolini, futuro sindaco di Genova). Pertini in genovese disse: “alla buon ora sei arrivato..siediti e fai sedere anche questo giovane compagno”.

Si può immaginare il mio stupore: io al tavolo con uno dei grandi della Resistenza, medaglia d’oro al valor militare, poi Presidente della Repubblica.

Non ricordo nemmeno quello che mangiai, troppa era l’agitazione per un avvenimento assolutamente impensato. Alla fine del pranzo uscimmo a fare due passi in Sottoripa e lì molte persone si fermavano a parlare con Pertini, e si può immaginare quale fosse il mio orgoglio di fare parte di quel gruppo.

Pertini poi ci lasciò salendo su un’auto della prefettura per andare ad un comizio, mentre gli altri si diressero all’ufficio di Via San Lorenzo. Ed io a casa a studiare.

Antonio in quella elezione fu eletto alla Camera, strappando per via dei resti il posto al famoso avvocato Biondi ed iniziò per lui il mandato come più giovane parlamentare.

Nel 1976 la campagna elettorale per le elezioni politiche della VII legislatura la vissi in modo meno impegnato, sia per gli studi universitari sia per il fatto che ero stato eletto segretario regionale della FGSI (Federazione Giovanile Socialista) e cercai di dare il mio impegno in quel senso.

Antonio non fu eletto, per una serie di guerre interne al PSI,in particolare per l’emergente corrente craxiana, e per la perdita di un deputato nella circoscrizione ligure. La cosa fu per lui un duro colpo che lo portò all’uso di stupefacenti.

Risultò, tuttavia, primo dei non eletti, e subentrò il 20 luglio 1978 a Sandro Pertini, eletto Presidente della Repubblica.

Fu rieletto nel 1979, nella VIII legislatura. Non partecipai attivamente a questa campagnia elettorale, un po’ perché avevo ridimensionato le mie attività politiche, disamorato per la piega centrista in cui volgeva il Partito. Un po’ perché avevo iniziato la mia carriera di insegnante.

Ricordo, tuttavia, una riunione elettorale del 1979 ,alla quale partecipai, presso la sezione “Centro” di Salita Carmagnola, dove Antonio intervenne in condizioni abbastanza precarie e parlò solo pochi minuti e poi si chiuse nel bagno da cui uscì dopo mezz’ora. Alla fine della riunione gli chiesi se volesse un passaggio in auto a casa, mi rispose di no, che aveva un impegno e mi salutò avviandosi per i vicoli.

Fu l’ultima volta che lo vidi di persona e gli parlai.

Antonio Canepa fu per me una delle basi della mia formazione politica, una persona estremamente disponibile, cordiale ma che forse aveva patito oltre misura la tragica perdita del padre.

Purtroppo nella sua vicenda umana non trovò solo voci amiche che cercarono di aiutarlo, primo tra tutti Don Andrea Gallo che lo ospitò nella sua comunità. ma piuttosto persone che sfruttavano la sua debolezza per scopi personali, politici e forse anche economici, arrivando anche a fornirgli la droga.

Forse anche i cambiamenti imposti da Craxi al Partito, la sua svolta verso i poteri economici forti, il distacco da quella parte del movimento operaio che si riconosceva nel socialismo democratico lasciando che transitasse al PCI o ad esperienze extraparlamentari, financo i giochi di potere più o meno occulti che dominavano la vita del partito furono concause dell’isolamento di Antonio e della sua caduta verso l’abisso.

Dopo la sua tragica scomparsa la sua figura è stata volutamente messa in disparte, cancellata dalla storia del PSI della seconda parte del XX secolo e sulla sua morte non si è indagato abbastanza, ma allora tutti vollero così.

Che ti sia lieve la terra Antonio, anche a distanza di 38 anni.

In ricordo di Antonio Canepa pubblico una diapositiva che scattai nel 1979 durante un comizio in Largo XII ottobre al quale intervenne anche Bettino Craxi, proprio in occasione delle già citate elezioni politiche del 1979. Nella foto si vede Antonio mentre introduce la manifestazione.

Antonio Canepa, 1979

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