Comizio Pertini

30 giugno 1960: le giornate di Genova antifascista

Nella primavera del 1960 si consumò una delle tante crisi governative della Prima repubblica. Il Governo presieduto da Antonio Segni per contrasti interni entrò in crisi. La principale motivazione il tentativo della Sinistra DC di operare una cauta apertura al Partito Socialista per la formazione di un gabinetto di centro-sinistra.

Il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, fallito un altro tentativo di Segni, diede l’incarico ad un altro esponente della Sinistra DC, Fernando Tambroni, già ministro economico. Tambroni riuscì solo a formare un governo monocolore con lo scopo di sistemare i conti dello Stato. Presentatosi alle Camere il Governo Tambroni ottenne una risicata maggioranza avvalendosi dei voti del MSI, il partito neofascista.

A seguito di proteste per aver accettato i voti neofascisti, tre ministri lasciarono l’esecutivo e Tambroni fu costretto a rassegnare le dimissioni. Dimissioni che, però, non vennero accettate dal Presidente Gronchi che rinviò Tambroni alle camere. In Senato ottenne la fiducia con minimo scarto e l’appoggio esterno determinante del MSI.

In questo contesto politico, fortemente polarizzato, si inserisce la convocazione del congresso del MSI a Genova per la fine di Giugno 1960.

Tale convocazione fu subito fortemente criticata in quanto Genova la città che per prima si era liberata per azione dei propri Partigiani e per questo insignita della medaglia d’oro al valor militare.

Oltre a ciò il congresso avrebbe dovuto svolgersi al Teatro Margherita di via XX Settembre, a 10 metri dal Ponte Monumentale, sotto il quale è il sacrario dei caduti Partigiani e ove è posta una lapide con l’atto di resa delle forze naziste.

Verso i primi giorni di giugno nell’edizione locale dell’Unità fu pubblicato un appello affinché l’oltraggio alla città Medaglia d’oro fosse evitato, non consentendo lo svolgimento del congresso. Esponenti dei partiti comunista, socialista, socialdemocratico, repubblicano e radicale si riunirono ed insieme alla Camera del Lavoro chiesero ufficialmente al Prefetto l’annullamento del congresso neofascista.

Il 15 giugno una manifestazione di lavoratori vide l’attacco provocatorio di alcuni missini, presto respinti, ma anche di un plotone di carabinieri che colpirono selettivamente gli antifascisti.

La settimana successiva, il 25, fu indetta una manifestazione da parte della FGCI, della FGSIe delle organizzazioni giovanili di PSD e PRI e con la partecipazione di numerosi portuali della CULMV e della Pietro Chiesa. In via XX Settembre, nei pressi del Ponte Monumentale, il corteo fu oggetto di una carica della polizia, carica prontamente respinta, con diversi agenti feriti.

In quei giorni si ebbe la notizia che al congresso del MSI avrebbe partecipato Carlo Emanuele Basile, famigerato prefetto di Genova durante la Repubblica sociale. Questo personaggio fu responsabile di arresti di partigiani e di deportazioni di civili, fatti per i quali fu condannato a morte e successivamente assolto per insufficienza di prove e, per alcuni reati, amnistiato. Basile era divenuto un dirigente di spicco del MSI.

Questo fatto inasprì ulteriormente gli animi degli antifascisti genovesi che convocarono per il 28 giugno una memorabile manifestazione, conclusasi in Piazza della Vittoria con l’intervento di Sandro Pertini, allora direttore de Il Lavoro e parlamentare socialista, oltre che medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza.

Questa frase di Pertini talmente infuocò gli animi tanto che fu soprannominato “brichetto”, in genovese “fiammifero”:

“La polizia sta cercando i sobillatori di queste manifestazioni, non abbiamo nessuna difficoltà ad indicarglieli: sono i fucilati del Turchino, di Cravasco, della Benedicta, i torturati della casa dello studente che risuona ancora delle urla strazianti delle vittime, delle grida e delle risate sadiche dei torturatori.”

La Camera del Lavoro convocò, quindi, una manifestazione di protesta per il giorno 30 giugno. Questa manifestazione, partendo da Piazza della Nunziata, si portò tranquillamente attraverso il centro fino a Piazza della Vittoria. Al termine del comizio del Segretario della Camera del Lavoro Bruno Pigna, un gruppo di antifascisti, per lo più portuali della CULMV risalì la via XX Settembre e si soffermò davanti al teatro Margherita, fortemente presidiato dalla celere, e poi a Piazza De Ferrari. Qui si trovavano intorno alla fontana diversi agenti e funzionari della celere di Padova, famosa per essere costituita da molti ex poliziotti della RSI o, comunque, collusi con il regime fascista e perciò utilizzata nell’ambito di scioperi e manifestazioni di lavoratori.

Dai lavoratori si levarono urla di protesta ed insulti, e la celere reagì con caroselli delle camionette e manganellate ai manifestanti. Questi, come detto in prevalenza portuali, per cui molti di loro avevano con sé il famoso gancio, principale strumento di lavoro che, volendo, poteva rivelarsi un’arma micidiale riuscirono a impadronirsi di tubi, bastoni ed altro materiale da un cantiere adiacente il teatro Carlo Felice, con i quali risposero fieramente ai celerini.

Di questi fatti ho personalmente un ricordo. Infatti, bambino di 6 anni e mezzo, stavo tornando a casa insieme a mia nonna e questa, alla vista della battaglia che si stava svolgendo, mi portò dietro una delle colonne di portici dell’Accademia da cui potei sbirciare quanto stava succedendo. Di quanto accadde ricordo il fumo, le urla, le frenate delle camionette, un portuale con la maglietta a strisce ed il gancio alla cintura e la testa insanguinata, un paio di celerini gettati nella fontana, altri portuali che portavano via un giovane celerino svenuto, per metterlo in salvo e proteggendolo dall’ira di altri gridando, in genovese “Lascielou stà, u lè in figgeu”.

Nei giorni successivi in altre parti d’Italia si ebbero manifestazioni antifasciste e scontri, e questi ebbero il giusto risultato di far annullare il congresso neofascista.

Un paio di giorni dopo una grande manifestazione, a cui parteciparono esponenti antifascisti di spicco, sancì la vittoria della Genova antifascista.

Sono passati 60 anni da quelle giornate memorabili, il neofascismo in questi anni ha rialzato il capo, magari sotto mentite spoglie, come quelle leghiste-sovraniste, oppure più palesemente come “fascisti del terzo millennio”, e in tutte le sue forme deve essere combattuto, con ogni mezzo, dalla democrazia.

Come scrisse Sandro Pertini:

“Io non sono credente, ma rispetto la fede dei credenti; io sono socialista, ma rispetto la fede politica degli altri e la discuto, polemizzo con loro, ma loro sono padroni di esprimere liberamente il pensiero. Il fascismo no, il fascismo lo combatto con altro animo: il fascismo non può essere considerato una fede politica; il fascismo è l’antitesi delle fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche perché il fascismo opprimeva chi non la pensava come lui”.

 

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Le Mura della Malapaga: degrado

Le Mura della Malapaga risagono alla fine del XIII secolo e prendono il nome dalla vicina prigione dei debitori insolventi. Fanno parte del quartiere del Molo e sono tra le meglio conservate del sistema murario genovese.

Sono state magicamente descritte, insieme a una buona parte del centro storico, nel film omonimo del registra francese René Clément, girato nel 1949 e vincitore di un premio Oscar come miglior film e un premio al Festival di Cannes. Jean Gabin, Isa Miranda, la giovane Vera Talchi, Andrea Checchi, Ave Ninchi sono stati i protagonisti di questo grande film.

Oggi le Mura della Malapaga hanno alla loro base la strada che porta al Porto Antico, ai Magazzini del Cotone ed agli attracchi di enormi yacht ed anche a diversi parcheggi.

In altre parole sono l’ingresso al più importante porto turistico di Genova e alle attività ad esso connesso. E come nelle vecchie case patrizie l’ingresso era il locale più ben tenuto e considerato qualificante per i proprietari, anche l’accesso stradale al Porto antico dovrebbe esserlo.

Invece le Mura sono un proliferare di piante infestanti, alcune alte oltre un metro, che si insinuano tra le pietre. Anche dal versante interno del bastione la situazione non è buona.

Non so se la manutenzione spetti al Comune, al Municipio 1, al Porto antico, ma di certo al momento nessuno se ne occupa.

E poco distante è possibile ammirare uno dei moli medievali ancora esistenti, interessanti anche per i reperti (credo ancore) lì adagiati. Ma questi moli sono ricoperti, senza una logica, da piante di ogni tipo, anche da un’agave, da pietrisco buttato così, e, come ovvio, anche da reperti di origine umana: lattine, bicchieri in plastica, cicche, fazzoletti in carta.

Sarò noioso, ma è possibile che ci sia da parte degli amministratori pubblici un così marcato disinteresse per la pulizia, la bellezza ?

11:29
Le Mura della Malapaga: degrado
19 Giugno 2023

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Le scalinate monumentali di Genova ed il loro degrado

A Genova ci sono tre scalinate monumentali che avevano ed hanno il compito di superare il dislivello esistente tra il centro storico e l’ottocentesca Circonvallazione a monte. Di queste due hanno le scalinate prima divergenti e poi convergenti ed una, al termine di via Caffaro, le scalinate sono laterali per consentire anche il passaggio di mezzi a ruota.

Via Palestro, forse la più imponente, con le scale che alla base arrivano in una fontana abbeveratoio. Dipinte a strisce con colore tipico di Genova, ed al centro un grosso rosone col simbolo della città.
Purtroppo lo stato di manutenzione è pessimo. Il lato di ponente è abbruttito dal parcheggio interrato e dal suo ascensore. Il rosone è quasi illeggibile, alla base spuntano due alberi di fico, mentre il terrapieno di levante, che sorregge l’acquedotto storico, è coperto da vegetazione totalmente incolta.

Via Caffaro: le scalinate sono ai lati, scendendo dai terrapieni della strada e del condotto dell’acquedotto storico. Dai muraglioni fuoriesce acqua, la vegetazione ha preso il sopravvento ed è pericolosa per chi scende. Il lato di ponente, verso Passo Barsanti, sembra una foresta.

Via Pertinace: tre le due scalinate in basso si osserva una fontana con un bel bassorilievo religioso e la data di costruzione. 1895. Peccato che sia tutto in pessime condizioni, direi un vero schifo, ed anche qui dai muraglioni ottocenteschi proliferano piante infestanti che, in alcuni casi, diventano alberi.

Ma i responsabili della manutenzione, siano essi del Comune o del Municipio I, un minimo di vergogna nel vedere lo stato delle tre scalinate non lo provano ? Possibile che non riescano a cogliere il significato storico e culturale di queste opere mentre preferiscono spendere soldi per le sagre di salami e focacce ?

Mala tempora currunt con amministratori di così infimo livello, attenti non ai bisogni dei cittadini, ma a quelli degli amici.

PS: ci sarebbe una quarta scalinata monumentale, quella tra il parco e la Villa Gruber-De Mari, ma non è nata con lo stesso scopo delle precedenti, ma solo per consentire il passaggio dalla villa al parco.

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Il progetto Pl@ntnet

La Botanica è sempre stata una scienza che ha interessato l’uomo per il fatto che le piante sono presenti, tranne le latitudini estreme, in ogni parte della terra, compresi i mari e le acque interne. Alghe unicellulari,  Briofite, Pteridofite, Gimnosperme, Angiosperme -mono e di-cotiledoni sono, da sempre, in stretto contatto con l’uomo.
Attualmente le specie di piante catalogate si avvicina ai 400.000, ma si presume che siano di più e molte ancora da scoprire.

Riconoscere le piante non è mai stato un esercizio semplice, in quanto per farlo bisogna poter disporre, per un esame approfondito, la foglia, i frutti, il fusto, il sistema radicale. Insomma, un lavoro certosino che richiede tempo, pazienza ed applicazione. Quando studiavo alla Facoltà di Scienze Biologiche l’esame di Botanica consisteva anche di una prova di riconoscimento, utilizzando le chiavi dicotomiche.

A fare questo, da un po’ di tempo, può aiutare l’informativa, con la quale è possibile creare dei database delle piante note, con i caratteri utili al riconoscimento. Sfruttando la fotografia digitale -è sufficiente la fotocamera di uno smartphone- è possibile comparare la pianta che si vuol riconoscere con quelle presenti nel database. Certo, non illudiamoci che la ricerca funzioni sempre, anzi gli errori sono frequenti, e non basta certo una foto di un albero o una pianta, ma è necessario fotografare i caratteri distintivi, come detto: foglia, fiore, fusto o corteccia.

Da non molto tempo è disponibile in Internet un progetto di origine francese: Pl@ntnet. Si tratta, questa è l’innovazione, di un progetto cooperativo. Chi installa l’app sul proprio smartphone e si crea un utente, del tutto gratuito, può fotografare uno dei caratteri di una pianta e inviarla al database. Questo darà una risposta indicando sia il nome secondo la classificazione linneiana e seguenti, quello nella lingua che si usa, la percentuale di conferme o correzioni avute da altri utenti.

Infatti il tratto distintivo di Pl@ntnet è la collaborazione. Chiunque può creare un “gruppo” che può essere pubblico (ed allora ciascuno potrà inviargli i suoi contributi), oppure provato e solo il proprietario potrà aggiungere nuovi contributi.

Gli altri utenti possono anche confermare oppure correggere le classificazioni proposte. In tal modo il database cooperativo si amplierà ogni giorno di informazioni e sarà possibile raffinare le classificazioni eliminando gli errori.

Al momento ho iniziato creando due gruppi, uno relativo alle piante che si incontrano lungo l’Acquedotto storico genovese, ed uno relativo a quelle presenti nei parchi, nei giardini e nelle ville storiche genovesi:

Piante dei parchi e ville storiche di Genova

Piante dell’acquedotto storico

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25 aprile

78° Anniversario della Liberazione

Oggi, 25 aprile 2021, cade il 78° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

La data ricorda il giorno della Liberazione di Milano, ma giova ricordarne una altrettanto importante: il 23 aprile, quando le forze Partigiane liberarono Genova. Fu la prima città in Europa liberata dai combattenti non inquadrati negli eserciti alleati ma nel Corpo Volontari della Libertà.

Ai Partigiani, agli Eroi che hanno dato la vita cadendo in combattimento, a quelli che nel tempo sono stati la memoria storica della Liberazione e ai pochi ancora in vita , deve andare il pensiero riconoscente della Nazione. Riconoscenza che si deve esplicare proprio nel mantenere vivo, da parte di chi è venuto dopo e di chi verrà, il ricordo di ciò che fu il più grande movimento popolare dell’Italia moderna: la Resistenza.

A coloro che, invece, si schierarono con l’invasore nazista aderendo alla Repubblica sociale, vada il perenne ludibrio nessuna pietà. Lo stesso a coloro che oggi vorrebbero far tornare indietro l’orologio della storia ad un periodo in cui la Libertà fu cancellata dalle peggiori dittature.

ORA E SEMPRE RESISTENZA

 

 

Partigiani
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La fine dell’epopea dei Beatles

Il 10 aprile 1970 in un’intervista Paul McCartney comunicava lo scioglimento della band e che non avrebbe più scritto canzoni con John Lennon. Subito dopo John dichiarava che Paul non se ne era andato, ma era stato licenziato.

Dopo 10 anni, dal 1960 al 1970, finiva l’epopea dei Beatles, la band che aveva cambiato la musica della seconda metà del ‘900.

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Lucio Dalla

Ottanta anni di Lucio Dalla

Oggi Lucio Dalla compie 80 anni. Sarebbe meglio dire “compirebbe” perchè, purtroppo, Lucio se ne è andato 11 anni fa.

Ma uno che ha scritto, insieme a Paola Pallottino, una canzone dando come titolo la sua data di nascita significa che voleva lasciare un indelebile ricordo di lui.

4 marzo 1943” proposta al Festival di Sanremo del 1971, con alcune frasi originali fatte modificare dalla censura televisiva, è senza dubbio una delle più belle mai scritte da Dalla e che lui riproponeva, insieme ad altri bellissimi brani, nei suoi concerti.

Quindi mi sento di dire: “Buon ottantesimo compleanno, Lucio.

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