Cesare Pavese: 68 anni dalla morte
Il 27 agosto del 1950 in una stanza dell’hotel Roma di Torino la depressione che da tempo lo perseguitava poneva fine con il suicidio all’esistenza di Cesare Pavese.
Pavese è unanimemente considerato uno dei maggiori autori della prima metà del ‘900, sia come scrittore di romanzi e novelle, sia come poeta sia come traduttore dall’inglese.
Avendo avuto la fortuna di aver avuto per due anni come docente di Italiano al Liceo Colombo di Genova Angelo Marchese, critico letterario strutturalista, dallo stesso ebbi l’input a leggere un’opera di Pavese. Scherzando mi disse: “Compra Paesi tuoi, perché è il romanzo più breve…”
Così feci e iniziai a leggerlo restando subito colpito sia dal dualismo tra città e campagna, con richiami al Naturalismo, sia a quello dei principali personaggi Talino, il contadino, e Berto, il meccanico di città. Essi si conoscono in carcere e, scontata la pena, Talino convince Berto a seguirlo al suo paese natale, Monticello d’Alba, per occuparsi come meccanico delle macchine agricole.
Berto accetta e si trasferisce nella cascina della famiglia di Talino, conoscendo i vari membri, a partire dal padre-padrone Vinverra, la madre, le sorelle. Là Berto mette gioco le sue capacità di meccanico, e inizia a corteggiare, ricambiato, la sorella più giovane di Talino, Gisella. La ragazza era stata violentata dal fratello e quando lo stesso si accorge della relazione con Berto cambia il suo atteggiamento con l’amico fino a che la gelosia esplode. Talino, vedendo la sorella in atteggiamento affettuoso nei confronti di Berto la trafigge con un forcone lasciandola agonizzante. Vinverra, il padre-padrone, non solo non soccorre la figlia ma impone a tutti di proseguire il lavoro fino alla morte della ragazza.
Talino viene così arrestato e Berto ritorna in città.
Ricordo che Angelo Marchese mi interrogò sul romanzo, pur non facendo l’autore ed il periodo parte del programma di II liceo classico, ma più che un’interrogazione fu una tranquilla conversazione.
Da quel momento, complice anche un abbonamento rateale che avevo con Einaudi, comprai tutta l’opera di Pavese, che ancora possiedo, oltre alla bellissima biografia di Pavese scritta da Davide Lajolo.
Purtroppo in III liceo, anno della maturità, non ebbi, ahimè, Angelo Marchese come docente, ma l’interesse e la passione per Pavese mi restò, tanto che decisi di portare proprio “Paesi tuoi” per il colloquio di Italiano, anche se ciò non era previsto. Al colloquio il commissario di Italiano –allora erano tutti esterni tranne il membro interno- mi chiese se c’era un autore del ‘900 che mi fosse piaciuto. Risposi “Cesare Pavese” e lui mi disse: “Lo conosco pochissimo, e poi non è nel programma…” E mi interrogò su Pascoli.