esame stato 2020

L’esame di Stato 2020

Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato il 16 maggio l’attesa Ordinanza ministeriale n.10 sullo svolgimento dell’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

Già da tempo il Ministro Azzolina si era espressa sulla necessità di svolgere l’esame in osservanza alle disposizioni di contenimento della pandemia Covid-19, evitando la presenza nelle scuole in contemporanea di tutti i candidati. In altre parole la struttura dell’esame, risalente alla cosiddetta “Riforma Berlinguer”, Legge 10 dicembre 1997, n. 425, e che prevedeva 3 prove scritte ed un colloquio su tutte le materie del curriculo del V anno, viene ridotta ad un solo colloquio con contestuale rimodulazione dei crediti.

L’Ordinanza di cui si parla in due articoli, il 16 ed il 17, specifica in modo cogente sia i contenuti del colloquio che la scansione temporale dello stesso.

Nell’art. 16,comma 2 in particolare, si legge:

Ai fini di cui al comma 1, il candidato dimostra, nel corso del colloquio:

  1. di aver acquisito i contenuti e i metodi propri delle singole discipline, di essere capace di utilizzare le conoscenze acquisite e di metterle in relazione tra loro per argomentare in maniera critica e personale, utilizzando anche la lingua straniera;
  2. di saper analizzare criticamente e correlare al percorso di studi seguito e al profilo educativo culturale e professionale del percorso frequentato, mediante una breve relazione o un lavoro multimediale, le esperienze svolte nell’ambito dei PCTO;
  3. di aver maturato le competenze previste dalle attività di “Cittadinanza e Costituzione” declinate dal consiglio di classe.

Ed al comma 3:

La sottocommissione provvede alla predisposizione dei materiali di cui all’articolo 17 comma 1, lettera c) prima di ogni giornata di colloquio, per i relativi candidati. Il materiale è costituito da un testo, un documento, un’esperienza, un progetto, un problema ed è finalizzato a favorire la trattazione dei nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline e del loro rapporto interdisciplinare. Nella predisposizione dei materiali e nella preliminare assegnazione ai candidati, la sottocommissione tiene conto del percorso didattico effettivamente svolto, in coerenza con il documento di ciascun consiglio di classe, al fine di considerare le metodologie adottate, i progetti e le esperienze realizzati, con riguardo anche alle iniziative di individualizzazione e personalizzazione eventualmente intraprese nel percorso di studi, nel rispetto delle Indicazioni nazionali e delle Linee guida.

L’art.17 entra nel merito dello svolgimento del colloquio, fissandone, anche qui sembra in modo cogente, le parti e le modalità:

  1. L’esame è così articolato e scandito:
    1. discussione di un elaborato concernente le discipline di indirizzo individuate come oggetto della seconda prova scritta ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettere e b) del Decreto materie. La tipologia dell’elaborato è coerente con le predette discipline di indirizzo. L’argomento è assegnato a ciascun candidato su indicazione dei docenti delle discipline di indirizzo medesime entro il 1° di giugno. Gli stessi possono scegliere se assegnare a ciascun candidato un argomento diverso, o assegnare a tutti o a gruppi di candidati uno stesso argomento che si presti a uno svolgimento fortemente personalizzato. L’elaborato è trasmesso dal candidato ai docenti delle discipline di indirizzo per posta elettronica entro il 13 giugno. Per gli studenti dei licei musicali e coreutici, la discussione è integrata da una parte performativa individuale, a scelta del candidato, della durata massima di 10 minuti. Per i licei coreutici, il consiglio di classe, sentito lo studente, valuta l’opportunità di far svolgere la prova performativa individuale, ove ricorrano le condizioni di sicurezza e di forma fisica dei candidati;
    2. discussione di un breve testo, già oggetto di studio nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana durante il quinto anno e ricompreso nel documento del consiglio di classe di cui all’articolo 9;
    3. analisi, da parte del candidato, del materiale scelto dalla commissione ai sensi dell’articolo 16, comma 3;
    4. esposizione da parte del candidato, mediante una breve relazione ovvero un elaborato multimediale, dell’esperienza di PCTO svolta nel corso del percorso di studi;
    5. accertamento delle conoscenze e delle competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”.
  2. Per quanto concerne le conoscenze e le competenze della disciplina non linguistica (DNL) veicolata in lingua straniera attraverso la metodologia CLIL, il colloquio può accertarle qualora il docente della disciplina coinvolta faccia parte della Commissione di esame.
  3. La commissione cura l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio, della durata complessiva indicativa di 60 minuti.

Come si vede la modalità del colloquio previsto dalla “Riforma Berlinguer” viene completamente stravolto. Nella versione precedente il colloquio doveva vertere, in modo multidisciplinare quando possibile, sulle materie del V anno di cui vi fossero nella commissione le competenze, intese queste come abilitazione in più classi di concorso. In diverse occasioni ciò ha dato luogo a problemi ed incomprensioni, ad esempio quando in una commissione non fosse stata presente la (o una) lingua straniera ed il presidente fosse stato abilitato in tale insegnamento, egli aveva l’obbligo di accertare le competenze in tale materia. Ciò con grande gioia dei candidati.

Con l’attuale versione dell’esame, si spera attiva solo per il corrente anno scolastico per le precauzioni di fronte alla pandemia, il colloquio inizierà con la discussione di un elaborato relativo alle materie di indirizzo; in pratica una sorta di “tesina”, più o meno come si faceva fino all’esame del 2018. L’argomento di tale elaborato sarà assegnato dai docenti delle materie di indirizzo entro il giorno 1 giugno e ad essi restituito dal candidato entro il giorno 13 giugno. Ciò, ovviamente, per essere in grado di fornirlo alla Commissione in occasione della riunione preliminare.

A questa fase seguirà l’analisi di un testo di letteratura italiana già trattato nel corso dell’anno e citato nel documento di classe. Ci si augura che la scelta del testo sia casuale e non guidata.

La terza parte prevede l’analisi del materiale predisposto dalla Commissione e assegnato casualmente. Ricorda un po’ le buste previste nell’esame 2019, ma si spera che in esso siano predisposti degli esercizi, casi professionali, semplici elaborati grafici, tali da poter verificare le competenze trasversali, la capacità di analisi e sintesi, la proprietà di linguaggio anche tecnico del candidato.

La quarta fase prevede una disamina del percorso di PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), utilizzando eventualmente dei prodotti multimediali.

Infine, accertamento delle competenze acquisite nei percorsi di “Cittadinanza e Costituzione”.

L’esame, se alcune discipline sono state svolte con il CLIL, può avvenire nella lingua straniera.

La carne al fuoco sembrerebbe molta, ma all’art. 17 comma 3 viene posto un paletto che sembra più che altro un paracarro: durata indicativa 60 minuti. Indicativa e non cogente, ma è ovvio che se un esame dovesse prolungarsi per un’ora e mezza o anche due a causa della scarsa preparazione o difficoltà espressiva di un candidato, e qualora lo stesso non venisse promosso, sarebbe gioco facile in un eventuale ricorso rifarsi a tale indicazione.

Chiunque abbia esperienza di esami di Stato, sa che la durata di un colloquio può essere molto variabile a seconda della preparazione, della capacità di esposizione, della qualità di elaborati multimediali del candidato. Ma, e lo scrivo per esperienza diretta, mettere un limite pur non cogente è una grave ingerenza nell’autonomia dei docenti membri della Commissione che dovrebbero essere gli unici a decidere la congruità del tempo necessario a valutare la preparazione del candidato.

Come visto l’esame si svolge in 5 fasi. Ricordando anche che qualche minuto si perde nel riconoscimento del candidato e apposizione della firma di presenza, la discussione dell’elaborato potrebbe portar via dai 10 ai 15 minuti, L’analisi di un testo dovrebbe occupare anch’essa 10/15 minuti, forse qualcuno di più. L’analisi del materiale predisposto dovrebbe essere la parte più corposa del colloquio, in quanto in esso dovrebbero essere interessati, pur in modo multidisciplinare, le materie ed i docenti presenti nella commissione. Ad essere ottimisti direi dai 40 ai 50 minuti, a meno di non voler davvero essere complici di un esame in cui tutti devono per forza essere promossi.

E siamo a 60/80 minuti, ad essere ottimisti. Quindi si parlerà del percorso PCTO, meglio se corredato da una presentazione multimediale. Essendo un’esperienza caratterizzante l’indirizzo, è chiaro che i candidati cercheranno in questa parte di dimostrare le proprie capacità di analisi e di produzione di elaborati multimediali. Per questo, direi non meno di 15/20 minuti.

Infine, il percorso di Cittadinanza e Costituzione. Personalmente ritengo questa fase una delle più importanti e meritorie di un tempo di discussione non compresso. L’esame di Stato è per molti candidati il passaggio all’istruzione universitaria, ma per altri il termine del percorso formativo e il passaggio, quando possibile, al mondo del lavoro. Conoscere diritti e doveri del cittadino, conoscere nelle parti essenziali, ad esempio i Titoli 1 e 2 della Parte prima della nostra Costituzione sono fatti imprescindibili per giudicare la “maturità” di un giovane al termine di tale percorso. Anche qui un tempo congruo dovrebbe essere dai 10 ai 15 minuti.

In conclusione dagli 80 minuti per un esame “fast”, con candidato brillante e veloce nell’esposizione e commissari altrettanto veloci, a 120 per un esame un po’ più approfondito, sicuramente più esaustivo e giusto, specie per candidati “claudicanti” o dal curriculo traballante. Sotto gli 80 minuti mi sento di definirlo non un esame ma una buffonata.

In conclusione, questo esame così strutturato, pur considerando la situazione sanitaria esistente, appare avvilente sia per i candidati che per chi li dovrà esaminare. Avvilente perché una sola prova non può essere sufficiente a verificare la preparazione del candidato, e spesso nel colloquio molti giovani si trovano in difficoltà per l’emozione e rendono molto meno di quanto avrebbero potuto fare nelle tre prove scritte. Questo, lo ribadisco, non è una semplice illazione, ma è un convincimento dettato da anni di presidente di Commissione d’esame, dove tali situazioni sono sempre emerse.

Si potrebbe obiettare che essendo i commissari interni ad esclusione del presidente, essi conoscono bene i candidati, e quindi anche una prova negativa potrà essere vista in modo diverso, anche tenendo conto della rimodulazione dei crediti che peseranno il 60% dei punti disponibili. Ma allora questo altro non farebbe che diminuire l’importanza dell’esame stesso e i diplomati di questa sessione porteranno sempre con sé lo stigma di aver fatto l’esame in un’ora, mentre chi lo ha fatto in anni passati e, presumibilmente lo farà in futuro, si è o sarà dovuto sudare la promozione ed il punteggio con prove multiple di ben altra difficoltà.

Ci poteva essere un’alternativa a questo esame ?

Fermo restando che l’esame conclusivo dei cicli scolastici è obbligatorio, l’unica soluzione praticabile a mio avviso sarebbe stata quella di svolgere le due prove scritte con criteri di distanziamento e sicurezza. Se da domani 18 maggio, si potrà andare al ristorante o dal parrucchiere tenendo un solo metro di distanza, se da giugno si potrà andare al cinema o a teatro con le stesse precauzioni, a metà giugno sarebbe stato possibile utilizzare come sede di esami spazi delle scuole o di impianti sportivi con dimensioni tali da permettere distanza tra un candidato e l’altro di ben più di un metro.

Faccio presente che distanziamenti di un metro, e spesso di più, sono sempre stati applicati nelle precedenti sessioni d’esame, al fine di evitare spiacevoli inconvenienti, E questo semplicemente utilizzando corridoi, palestre, aule magne.

Ma l’ineffabile Ministra ha così deciso e così, purtroppo, si farà.

Ai candidati “In bocca al lupo”, pur sapendo che la maggior parte di loro avrebbero preferito cimentarsi con un esame vero e non essere ricordati come “Quelli che hanno fatto la maturità nel 2020”.

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Pandemia e scuola

Il coronavirus e la scuola

La pandemia da coronavirus scoppiata in questo anno 2020 oltre al più tragico degli effetti, quello delle persone infette e, soprattutto, decedute ha avuto effetti devastanti nel tessuto economico e sociale del nostro e di altri Paesi.

Uno degli effetti dirompenti, che non ha paragoni se non in tempi di guerra, è stato quello che hai interessato il sistema educativo italiano. Per evitare il diffondersi dei contagi sono state giustamente sospese le lezioni in tutte le scuole, da quelle dell’infanzia alle superiori e nelle università.

Per quanto possibile e, fortunatamente in un numero elevato di casi, sono state attivate forme di didattica a distanza (DAD).

Tuttavia in molti social network si lamentano diversi problemi, partendo da quelli più banali, ovvero la mancanza di strumenti idonei, computer, tablet o smartphone, le connessioni lente o difficili, la molteplicità di piattaforme di e-learning utilizzate e, last but not least, la scarsa preparazione da parte di molti docenti al loro utilizzo.

Certo, la situazione che si è generata non era immaginabile fino a 5 o 6 mesi fa, ed ora la corsa ad attuare una didattica a distanza efficace in molti casi sta mostrando delle criticità. D’altra parte questo è quanto accade quando si deve rimediare ad una situazione di pericolo o disagio che non si è voluta prevedere e prevenire in tempo.

La DAD o e-learning (o FAD, formazione a distanza, specie per i docenti) non nasce certo oggi, ma ha origini abbastanza lontane; ad esempio la piattaforma Moodle, una delle migliori di pubblico dominio, origina nel 2002 e lo scrivente ne fece un utilizzo molto limitato in un corso di formazione per docenti in cui era tutor, intorno all’anno 2005. In seguito provai anche a coinvolgere i colleghi d’Istituto al suo utilizzo ma con scarsi risultati, in quanto la maggior parte di essi riteneva la costruzione di un corso online e la sua gestione come un attività aggiuntiva non essenziale e, soprattutto, non retribuita.

Negli ultimi 5/6 anni con l’utilizzo quasi generalizzato dei registri elettronici ha portato le ditte che li propongono ad implementare delle piattaforme di e-learning molto semplificate che, però, sono più dei depositi di file con lezioni che delle vere applicazioni che consentano l’interazione docente-alunno.

Le grosse società informatiche come Google e Microsoft hanno, a loro volta, messe a disposizione delle piattaforme gratuite che sembrano essere molto più funzionali. Mi riferisco a Gsuite per le scuole di Google e a Teams di Microsoft.

Al di là del contingente, la DAD o e-learning può avere un futuro importante nel sistema educativo italiano ?

La risposta non può essere che Sì, pur tenendo conto delle ovvie differenze che intercorrono tra la scuola dell’infanzia, la primaria e le superiori, nelle quali gli obiettivi e gli strumenti non possono che essere diversi.

Altrettanto vero è che la DAD non può in alcun modo sostituirsi in toto alla didattica in classe, in quanto gli elementi distintivi di questa sono l’appartenenza ad un gruppo, il rapporto interpersonale, la comunicazione, la socialità.

Le difficoltà della didattica a distanza

Ma quali sono le difficoltà a cui la DAD può andare incontro ? Lo scrivo con una punta di amarezza, da docente in pensione, ma la prima difficoltà è data dalla mentalità di molti docenti, specie quelli di età avanzata, a misurarsi con una innovazione che comporta anche studio, esercitazione, cambiamento del modo di intendere la didattica.

La seconda è la mancanza di una piattaforma di e-learning unica per il sistema scolastico, almeno a livello di gradi scolastici. Capita infatti che per la mobilità dei docenti uno che abbia sempre utilizzato la piattaforma XY venga trasferito, magari solo per un anno, in una istituzione scolastica che utilizzi la piattaforma WZ. Il poveretto si troverebbe a doverla imparare ex-novo e, magari, a non poter utilizzare dei materiali didattici preparati per la vecchia piattaforma.

La terza difficoltà è quella della mancanza di strumenti informatici per tutti i docenti e discenti. Per i docenti il “bonus” di €.500 annui può aver ottimamente facilitato l’acquisto di computer o tablet, ma, ad esempio, non consentiva l’acquisto di accessori che sarebbero potuti essere utili nella preparazione di lezioni. Penso a stampanti/scanner, fotocamere o telecamere digitali, router, etc.

Per gli alunni, a parte un finanziamento legato alla contingenza della pandemia, non è mai stata offerta la possibilità di poter acquistare strumenti informatici o di averne, tranne meritevoli isolati casi, in comodato d’uso.

Quarta difficoltà, la differente qualità della connessione Internet in carie parti dell’Italia. Mentre nelle grandi città, specie nelle zone centrali e residenziali, non mancano le offerte di connessione in fibra ottica o, quanto meno, in ADSL, in zone periferiche o in piccoli paesi il digital divide è ancora presente e, in alcune sfortunate zone, tale da non consentire neppure una connessione lenta. Superare il digital divide dovrebbe essere uno dei compiti principali dello Stato, utilizzando, quando non sia possibile il cablaggio, anche le connessioni wireless o satellitari.

L’esame di Stato

Al momento è chiara solo una cosa: le commissioni per l’esame di Stato conclusivo della scuola di II grado saranno composte da sei docenti della classe e da un presidente esterno. Se si rientrerà a scuola entro il 18 maggio l’esame sarà costituito da una prova scritta d’italiano nazionale, una seconda prova scritta di indirizzo predisposta dalla commissione e da un colloquio multidisciplinare. Nel caso non sia possibile rientrare a scuola entro tale data, l’esame verterà su un unico colloquio su tutte le discipline del curriculo. In entrambi i casi tutti i candidati saranno ammessi all’esame.

Senza dubbio l’idea di una commissione fatta di soli docenti interni è condivisibile, mentre l’ipotesi di un esame solo orale sembra un po’ troppo semplicistica. A mio avviso dovrebbero essere posti dei paletti, definendo ad esempio le modalità di conduzione del colloquio, lo spazio da dare anche con brevi parti scritte e/o scrittografiche alle materie di indirizzo. Tutto ciò si scontra con la previsione, fatta da molti, di una durata di un’ora circa del colloquio. La mia esperienza pluriennale di presidente di commissione mi fa convinto (alla Montalbano) che un’ora sia un tempo troppo stretto; un tempo più congruo potrebbe essere quello di 1 ora e 30 minuti, anche 2 ore, magari convocando in una mattinata non più di 3 candidati.

Lo dico non per cattiveria, ma solo per cautela nei confronti dei candidati. Essi, infatti, corrono il rischio di uno stigma da portarsi dietro nella vita futura: quello di essersi diplomati l’anno in cui tutti erano stati ammessi e l’esame fatto da una sola prova breve. Per questo il Ministero dovrebbe definire delle linee guida sulla conduzione del colloquio che non lascino spazio a interpretazioni di comodo, in particolare definendo i tempi minimi della durata, il fatto che nel colloquio possano essere effettuate brevi prove scritte, ad esempio una traduzione, un disegno, un esercizio di matematica, e che lo stesso si svolga su tutte le materie del curriculo, quando nella commissione vi siano le competenze.

Il nuovo anno scolastico

Si parla già di come riprendere la scuola a settembre. Ciò nella speranza che la pandemia cessi o si riduca di molto. Tutti gli esperti epidemiologi ritengono che, comunque, il distanziamento sociale dovrà perdurare fino a che non sarà attiva l’immunità di gregge e disponibile un vaccino.

Questa necessità è molto difficile da attuare. Mi viene da pensare a come organizzare le attività delle scuole dell’infanzia, dove il gioco e l’interazione con i pari è alla base del processo educativo; come si potrebbe pensare ad un distanziamento ? Francamente non lo so.

E neppure saprei come risolvere l’identico problema nella scuola secondaria. La maggior parte delle aule delle scuole italiane non supera i 40/45 m2 di superficie e molte classi, specie nei bienni delle secondarie di II grado, sono composte da 25/30 alunni, a volte anche di più. Considerando un distanziamento di 1 metro nei confronti di altro alunno, i passaggi e la presenza del docente, spesso di più docenti (ITP, sostegno), in un’aula di 40 m2 non potrebbero starci più di 12/14 alunni. Ciò comporterebbe la suddivisione delle classi numerose in due, a volte tre classi; di conseguenza un orario su doppi turni e la necessità di disporre di un numero molto elevato di docenti e personale ATA.

Data l’impossibiltà oggettiva di costruire nuove scuole in 4/6 mesi, di attivare ovunque doppi turni, l’unica soluzione praticabile è quella di attuare una didattica in modalità blended, coniugando quella a distanza a quella in presenza a gruppi, ovviamente col distanziamento dovuto, ampliando l’apertura della scuola al pomeriggio e, se possibile, anche alla prima serata. Ciò comporterebbe la necessità di disporre di un numero maggiore di docenti, ma non così grande come nel caso di suddivisione delle classi numerose.

Spero che qualcuno più competente di me al Ministero stia già valutando le ipotesi per risolvere questo problema, anche se temo che si aspetti per vedere se il Covid-19 sparisca per conto suo.

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