Le Mura della Malapaga: degrado

Le Mura della Malapaga risagono alla fine del XIII secolo e prendono il nome dalla vicina prigione dei debitori insolventi. Fanno parte del quartiere del Molo e sono tra le meglio conservate del sistema murario genovese.

Sono state magicamente descritte, insieme a una buona parte del centro storico, nel film omonimo del registra francese René Clément, girato nel 1949 e vincitore di un premio Oscar come miglior film e un premio al Festival di Cannes. Jean Gabin, Isa Miranda, la giovane Vera Talchi, Andrea Checchi, Ave Ninchi sono stati i protagonisti di questo grande film.

Oggi le Mura della Malapaga hanno alla loro base la strada che porta al Porto Antico, ai Magazzini del Cotone ed agli attracchi di enormi yacht ed anche a diversi parcheggi.

In altre parole sono l’ingresso al più importante porto turistico di Genova e alle attività ad esso connesso. E come nelle vecchie case patrizie l’ingresso era il locale più ben tenuto e considerato qualificante per i proprietari, anche l’accesso stradale al Porto antico dovrebbe esserlo.

Invece le Mura sono un proliferare di piante infestanti, alcune alte oltre un metro, che si insinuano tra le pietre. Anche dal versante interno del bastione la situazione non è buona.

Non so se la manutenzione spetti al Comune, al Municipio 1, al Porto antico, ma di certo al momento nessuno se ne occupa.

E poco distante è possibile ammirare uno dei moli medievali ancora esistenti, interessanti anche per i reperti (credo ancore) lì adagiati. Ma questi moli sono ricoperti, senza una logica, da piante di ogni tipo, anche da un’agave, da pietrisco buttato così, e, come ovvio, anche da reperti di origine umana: lattine, bicchieri in plastica, cicche, fazzoletti in carta.

Sarò noioso, ma è possibile che ci sia da parte degli amministratori pubblici un così marcato disinteresse per la pulizia, la bellezza ?

11:29
Le Mura della Malapaga: degrado
19 Giugno 2023

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Le scalinate monumentali di Genova ed il loro degrado

A Genova ci sono tre scalinate monumentali che avevano ed hanno il compito di superare il dislivello esistente tra il centro storico e l’ottocentesca Circonvallazione a monte. Di queste due hanno le scalinate prima divergenti e poi convergenti ed una, al termine di via Caffaro, le scalinate sono laterali per consentire anche il passaggio di mezzi a ruota.

Via Palestro, forse la più imponente, con le scale che alla base arrivano in una fontana abbeveratoio. Dipinte a strisce con colore tipico di Genova, ed al centro un grosso rosone col simbolo della città.
Purtroppo lo stato di manutenzione è pessimo. Il lato di ponente è abbruttito dal parcheggio interrato e dal suo ascensore. Il rosone è quasi illeggibile, alla base spuntano due alberi di fico, mentre il terrapieno di levante, che sorregge l’acquedotto storico, è coperto da vegetazione totalmente incolta.

Via Caffaro: le scalinate sono ai lati, scendendo dai terrapieni della strada e del condotto dell’acquedotto storico. Dai muraglioni fuoriesce acqua, la vegetazione ha preso il sopravvento ed è pericolosa per chi scende. Il lato di ponente, verso Passo Barsanti, sembra una foresta.

Via Pertinace: tre le due scalinate in basso si osserva una fontana con un bel bassorilievo religioso e la data di costruzione. 1895. Peccato che sia tutto in pessime condizioni, direi un vero schifo, ed anche qui dai muraglioni ottocenteschi proliferano piante infestanti che, in alcuni casi, diventano alberi.

Ma i responsabili della manutenzione, siano essi del Comune o del Municipio I, un minimo di vergogna nel vedere lo stato delle tre scalinate non lo provano ? Possibile che non riescano a cogliere il significato storico e culturale di queste opere mentre preferiscono spendere soldi per le sagre di salami e focacce ?

Mala tempora currunt con amministratori di così infimo livello, attenti non ai bisogni dei cittadini, ma a quelli degli amici.

PS: ci sarebbe una quarta scalinata monumentale, quella tra il parco e la Villa Gruber-De Mari, ma non è nata con lo stesso scopo delle precedenti, ma solo per consentire il passaggio dalla villa al parco.

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Il progetto Pl@ntnet

La Botanica è sempre stata una scienza che ha interessato l’uomo per il fatto che le piante sono presenti, tranne le latitudini estreme, in ogni parte della terra, compresi i mari e le acque interne. Alghe unicellulari,  Briofite, Pteridofite, Gimnosperme, Angiosperme -mono e di-cotiledoni sono, da sempre, in stretto contatto con l’uomo.
Attualmente le specie di piante catalogate si avvicina ai 400.000, ma si presume che siano di più e molte ancora da scoprire.

Riconoscere le piante non è mai stato un esercizio semplice, in quanto per farlo bisogna poter disporre, per un esame approfondito, la foglia, i frutti, il fusto, il sistema radicale. Insomma, un lavoro certosino che richiede tempo, pazienza ed applicazione. Quando studiavo alla Facoltà di Scienze Biologiche l’esame di Botanica consisteva anche di una prova di riconoscimento, utilizzando le chiavi dicotomiche.

A fare questo, da un po’ di tempo, può aiutare l’informativa, con la quale è possibile creare dei database delle piante note, con i caratteri utili al riconoscimento. Sfruttando la fotografia digitale -è sufficiente la fotocamera di uno smartphone- è possibile comparare la pianta che si vuol riconoscere con quelle presenti nel database. Certo, non illudiamoci che la ricerca funzioni sempre, anzi gli errori sono frequenti, e non basta certo una foto di un albero o una pianta, ma è necessario fotografare i caratteri distintivi, come detto: foglia, fiore, fusto o corteccia.

Da non molto tempo è disponibile in Internet un progetto di origine francese: Pl@ntnet. Si tratta, questa è l’innovazione, di un progetto cooperativo. Chi installa l’app sul proprio smartphone e si crea un utente, del tutto gratuito, può fotografare uno dei caratteri di una pianta e inviarla al database. Questo darà una risposta indicando sia il nome secondo la classificazione linneiana e seguenti, quello nella lingua che si usa, la percentuale di conferme o correzioni avute da altri utenti.

Infatti il tratto distintivo di Pl@ntnet è la collaborazione. Chiunque può creare un “gruppo” che può essere pubblico (ed allora ciascuno potrà inviargli i suoi contributi), oppure provato e solo il proprietario potrà aggiungere nuovi contributi.

Gli altri utenti possono anche confermare oppure correggere le classificazioni proposte. In tal modo il database cooperativo si amplierà ogni giorno di informazioni e sarà possibile raffinare le classificazioni eliminando gli errori.

Al momento ho iniziato creando due gruppi, uno relativo alle piante che si incontrano lungo l’Acquedotto storico genovese, ed uno relativo a quelle presenti nei parchi, nei giardini e nelle ville storiche genovesi:

Piante dei parchi e ville storiche di Genova

Piante dell’acquedotto storico

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25 aprile

78° Anniversario della Liberazione

Oggi, 25 aprile 2023, cade il 78° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

La data ricorda il giorno della Liberazione di Milano, ma giova ricordarne una altrettanto importante: il 23 aprile, quando le forze Partigiane liberarono Genova. Fu la prima città in Europa liberata dai combattenti non inquadrati negli eserciti alleati ma nel Corpo Volontari della Libertà.

Ai Partigiani, agli Eroi che hanno dato la vita cadendo in combattimento, a quelli che nel tempo sono stati la memoria storica della Liberazione e ai pochi ancora in vita , deve andare il pensiero riconoscente della Nazione. Riconoscenza che si deve esplicare proprio nel mantenere vivo, da parte di chi è venuto dopo e di chi verrà, il ricordo di ciò che fu il più grande movimento popolare dell’Italia moderna: la Resistenza.

A coloro che, invece, si schierarono con l’invasore nazista aderendo alla Repubblica sociale, vada il perenne ludibrio nessuna pietà. Lo stesso a coloro che oggi vorrebbero far tornare indietro l’orologio della storia ad un periodo in cui la Libertà fu cancellata dalle peggiori dittature.

ORA E SEMPRE RESISTENZA

 

 

Partigiani
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Luigi Tenco

Luigi Tenco

Il 27 gennaio 1967 moriva suicida a Sanremo, durante il Festival della canzone, Luigi Tenco. Uno dei più grandi cantutori della scuola genovese, un vero e proprio innovatore della musica italiana. Non compreso allora dalla critica e da buona parte del pubblico con un colpo di pistola alla tempia pose fine ai suoi giorni.

Ci ha lasciato delle canzoni stupende e senza tempo. Queste sono per me le più grandi.

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I chiusini dell’acquedotto storico di Corso Paganini

Una curiosità del tratto urbano di Castelletto dell’acquedotto cono i chiusini di controllo che si trovano in Corso Paganini, lato di ponente, lungo il marciapiedi.
Sono in numero di 10, costruiti con pesante marmo in diverse parti staccabili, in modo che fosse più agevole aprire il varco ove qualcuno si calava per la manutenzione. Alcuni chiusini sono chiaramente numerati, altri non lo sono, e un paio non sembrano essere collocati nella giusta progressione.

Dal lato di Ponte Caffaro il primo chiusino è chiaramente indicato come il numero “2”, a cui segue il “3”. Poi gli altri, anche se un paio non è chiaro che numero abbiano.
Si arriva a Piazza Villa dove si nota un chiusino del tutto diverso dai precedenti, probabilmente dovuto ad un rifacimento successivo del marciapiedi, ma indicato con il numero “10”.

La condotta prosegue in Piazza Goffredo Villa, supera un palazzo ed arriva al piccolo ponte canale di Salita San Gerolamo (interessanti i bronzini con sportello), attraversa la spianata e scende giù verso il centro storico.

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Barchile di piazza Ponticello

I cinque barchili genovesi

Il barchile è una fontana marmorea posta quasi sempre al centro di una piazza importante, ad esempio quelle destinate a mercato. Per lo più venivano utilizzate per attingere acqua da portare a casa per le necessità domestiche, ma anche per lavare e ravvivare le verdure ed i pesci in vendita nel mercato. Secondo alcuni documenti sembra che a Genova vi fossero solo sette barchili ma si ha testimonianza di soli cinque, quelli che, con diverse avventure, sono giunte ai giorni nostri.

Erano altresì utilizzate, quelle vicine ai moli, dai marinai sbarcati per lavarsi il salino raccolto in mesi di navigazione.

Con le varie ristrutturazioni urbanistiche alcuni barchili furono distrutti, altri furono spostati qua e là nel centro di Genova fino alla collocazione attuale.

Il barchile di piazza Ponticello (poi in Campetto)

Dal 1643 un barchile, opera di Giovanni Mazzetti, si trovava in Piazza Ponticello (Ciassa de Pôntexellô). Esso presenta una colonna intarsiata terminante con teste d’ariete che sorreggono una ampia vasca decorata da maschere mitologiche, ognuna con zampilli versi il basso.

Al di sopra della vasca vi è una statua rappresentante un fauno che suona una conchiglia.

Alla base del barchile vi sono quattro rubinetti in bronzo ed ottone.

I cittadini che abitavano in case prive di collegamento ad un bronzino personale (in pratica la maggior parte…) attingevano dai rubinetti l’acqua da portare a casa propria. Questa funzione era spesso esercitata da donne robuste (camalle d’ægua) che lo facevano dietro pagamento.

L’acqua veniva fatta cadere dagli zampilli superiori in modo che le portatrici non dovessero piegarsi riempiendo così più facilmente i secchi che avevano sulla testa.

Si narra, inoltre, che all’alba alcuni lattai disonesti allungavano con acqua il latte giunto dalle campagne. Infine, sembra che nel barchile a fine mattinata le pescivendole (pesciæë) ambulanti lavavano i pesci rimasti per ravvivarne un po’ l’aspetto lasciando però un cattivo odore (odô de refrescûmme).

E’ possibile collocare piazza Ponticello nell’attuale assetto urbanistico: la piazza corrisponde più o meno allo slargo di Via Fieschi, vicino via XX settembre. Nella foto del 1909 è visibile il barchile nella sua collocazione originale. Con le ristrutturazioni urbanistiche del XX secolo, il barchile trovò la sua collocazione finale in Piazza Campetto.

L’acqua proveniva dal ramo di Castelletto dell’acquedotto, probabilmente da una derivazione nei pressi di Porta Soprana.

Barchile di piazza Campetto

Piazza Ponticello
Piazza Ponticello col barchile nel 1909

Il barchile di Ponte reale (poi in Piazza Colombo)

Il barchile di Ponte reale fu fatto costruire nel 1643 da Giovanni Battista Orsolino. Presenta un’ampia vasca ottagonale in marmo bianco con i bordi tondeggianti ed decorati da maschere mitologiche per gli zampilli che cadono in quattro vasche semicircolari.

Al centro un pilastro a base quadrangolare sorregge quattro delfini, da cui fuoriescono gli zampilli che cadono nella vasca, e a loro volta, sostenenti quattro cariatidi.

Sopra una coppa istoriata, di epoca successiva, entro la quale si erge la statua rappresentante una donna alata che suona una conchiglia.

Si tratta di una allegoria o personificazione della fama, intesa come maldicenza, calunnia o diceria. Essa è dotata di numerosi occhi, lingue ed orecchie, ed incarna il potere che ha la parola di propagarsi velocemente e costruire una versione della realtà distorta.

Il barchile era alimentato dal ramo del Molo dell’acquedotto, anche se in seguito fu aggiunto un flusso maggiore facendo seguito alle richieste delle navi che attraccavano ai moli.

Nel 1861 una ristrutturazione urbanistica interessò la zona di Caricamento e del Ponte reale, per cui il barchile fu spostato in Piazza Colombo, ove trovasi tuttora. Purtroppo la zona circostante al barchile è stata malauguratamente data in concessione a ristoranti della zona nel periodo pandemico, rovinando la vista della più bella fontana della città.

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Ponte reale in Piazza Colombo

Il barchile di Piazza Soziglia (poi in Piazza Bandiera)

Fu costruito da Matteo Carlone nel 1587 in piazza Soziglia. A seguito delle proteste degli abitanti della piazza, fu spostato nella contigua piazza Lavagna e nello spostamento si perse la parte sommitale che rappresentava una sirena.

Nel 1725 fu aggiunto un gruppo marmoreo rappresentante Enea in fuga, con sulle spalle il padre Anchise ed il figlio Ascanio accanto all’eroe. Alla metà del XIX secolo il barchile fu trasferito in Piazza Fossatello e nel 1870 in Piazza Bandiera, allora sede del mercato ortofrutticolo.

Attualmente il barchile è al centro di un parcheggio, con un paio di stalli per auto addossati. Un vero insulto alla storia della città.

Il barchile ha base ottagonale con tre gradini ad arrivare ad una parte costituita da ampie lastre di marmo, quattro delle quali, alternate, portano una testa leonina che dovrebbe far zampillare l’acqua in quattro vasche semicircolari.

Al di sopra una colonna a base circolare sorregge il gruppo marmoreo.

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Soziglia in Piazza Bandiera

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il toponimo è chiaro: in quella piazza si radunavano le “besagnine”, ovvero le contadine della piana del torrente Bisagno, per vendere i loro prodotti (a Km zero !!!).

Per questo nel 1695 fu da molti richiesto ai governanti di poter disporre di una fontana per lavare e ravvivare le merci.

Due anni dopo, nel 1697, come chiarisce l’incisione sul marmo, fu costruito un semplice barchile costituito da una colonna in marmo di Carrara a pianta quadrata ed un accenno di vasca, in pratica un bordo circolare di pochi centimetri.

Successivamente la colonna fu abbellita da una scultura di da Giovanni Tommaso Orsolino rappresentante un putto con avvinghiato un pesce, probabilmente una grossa murena.

Nel basamento un rubinetto consentiva di attingere acqua che arrivava, molto probabilmente, dal ramo delle Fucine dell’acquedotto secentesco.

Il barchile di piazza delle erbe è l’unico di Genova a non essere stato mai spostato dalla collocazione originale. Solo nel XIX, probabilmente nel 1871, secolo fu ruotata verso Piazza Nuova che in seguito diventò piazza Matteotti.

 

Donne in fila alla fontana di Piazza delle Erbe (II metà XIX secolo)

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza delle Erbe

Il barchile di Piazza Marsala

Una prima avvertenza: in alcuni siti il barchile che attualmente si trova in Piazza Marsala è confuso con quello risalente al 1536 e collocato in Piazza Nuova. Si tratta di due barchili differenti come da un interessante studio di Armando Di Raimondo e pubblicato nella rivista “A compagna” nel 2017 (http://www.acompagna.org/rivista/2017/index.htm).

Il barchile di cui parliamo risale al 1639 costruito da Rocco Pellone su incarico dei Padri eremitiani di Sant’ Agostino, allo scopo di abbellire il chiostro del loro convento.

Nel periodo della repubblica Ligure. 1797, il barchile fu trasferito all’Acquasola, nel cosiddetto “boschetto”, e lì rimase fino al 1869 quando trovò collocazione nello slargo di Via Palestro che prese il nome di Piazza Marsala.

In origine presentava una vasca di marmo bianco mistilinea con dentro un piedistallo costituito da 4 delfini aggrovigliati e sostenenti con le code una conchiglia. Dalle narici dei delfini sgorga uno zampillo d’acqua. La conchiglia era abbellita da quattro maschere, da cui sgorga acqua.

Sopra la conchiglia è presente un vaso che schizza l’acqua in alto.

In seguito la vasca marmorea fu sostituita da una in granito e tolto il vaso. In pratica, ad oggi, restano i delfini e la conchiglia.

Nel 2022 il barchile è stato oggetto di restauro, in particolare eliminando le concrezioni calcaree, la proliferazione di muschi ed i danni prodotti dallo smog. Le lastre della vasca sono state riportate all’originario colore grigio scuro dell’andesite, seondo quanto dichiarato dai restauratori, anche se a me sembrano troppo scure, probabilmente per presenza di basalto.

E’ plausibile che dopo la collocazione nella Piazza Marsala, l’acqua fosse attinta dall’acquedotto ottocentesco.

Il barchile di Piazza Marsala nei primi anni del XX secolo

Il barchile di Piazza Marsala

Il barchile di Piazza Marsala

Il barchile di Piazza Marsala

Raccolta fotografica

Barchile di piazza Campetto

Barchile di piazza Colombo

Barchile di piazza delle Erbe

Barchile di piazza Marsala

Barchile di piazza Bandiera

 

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Corso Italia: il degrado della pavimentazione

Corso Italia da da tempo avrebbe diventare una “promenade” come quella “Des Anglais” di Nizza o come la “Croisette” di Cannes. Invece è rimasta una passeggiata distante almeno 50/100 metri dal mare, spazio in cui, senza soluzione di continuità o quasi, vi sono stabilimenti balneari.

Comunque passeggiando sul marciapiedi lato mare è sempre gradevole, specie nelle giornate non estive, quelle un po’ uggiose o scaldate da un tiepido sole.

Una ventina di anni fa la pavimentazione del marciapiede a mare fu completamente rifatto, con ottimi risultati. Piastrelle color mattone scuro, altre più chiare vicine alle precedenti, altre a disegnare rose dei venti.

Qualche anno fa il sindaco Bucci decise di disegnare una pista ciclabile restringendo le corsie per le auto, sia dal lato mare che da quello a monte. Un idea davvero infausta, in quanto lo spazio per i pochi ciclisti era delimitato solo da una striscia bianca, e quindi la pericolosità per chi la percorreva era decisamente elevata.

Lo scorso anno lo stesso ineffabile sindaco decise per un rifacimento completo del marciapiede e delle corsie stradali a monte, creando in tal modo una pista ciclabile, rubando un po’ di spazio al marciapiede e un po’ alla corsia stradale.

Il lavori che dovevano essere conclusi prima dell’estate, sono stati completati in ritardo intono a metà agosto. Quello che ancora resta da completare sono le panchine con fioriere, visto che è stato scelto un tipo che è in orribile cemento e che dovrebbe essere rivestito di finto granito.

Di una cosa, però, non si parla: del marciapiede. Questo presenta diverse mattonelle divelte, altre spaccate, le giunture tra file di mattonelle si sono allargate tanto da consentire la crescita di erba all’interno, altar vegetazione è nata tra la pavimentazione e le balaustre, belle ma prive di manutezione e spesso usate come orinatoi di cani.

Insomma, il degrado del marciapiede è evidente e non si sa se si provvederà ad una adeguata manutenzione.

Questo è il risultato di anni di incuria da parte della amministrazione comunale che, sfortunatamente, è appena stata rieletta, per cui avrà davanti molti anni per proseguire nel favorire il degrado della città.

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