80 anni dalla strage delle Fosse Ardeatine.

80 anni dalla strage delle Fosse Ardeatine

Il 24 marzo ricorrono 80 anni dalla strage delle Fosse Ardeatine. 335 persone, da giovani di 17 anni ad anziani di 75, antifascisti comunisti, socialisti ed azionisti, ebrei, persone qualunque in carcere per piccoli reati, o semplicemente sfortunati che erano passati vicino via Rasella dove aveva avuto luogo un attentato contro una colonna di fascisti repubblichini.

Su ordine del generale tedesco Kappler essi furono prelevati dai carceri controllati dai nazisti e dai loro alleati fascisti condotti alle Fosse Ardeatine e crudelmente uccisi con un colpo di pistola alla nuca, ed i cadaveri gettati nelle caverne uno sull’altro.

Una delle peggiori stragi nazifasciste che ebbero luogo in diverse parti dell’Italia, perpetrate dai soldati nazisti e dai loro alleati fascisti repubblichini, durante la risalita a nord delle truppe di occupazione.

In questi ultimi anni è sorto il tentativo da parte di neofascisti di attribuire la responsabilità della rappresaglia ai Partigiani che colpirono un gruppo di soldati altoatesini, ben sapendo che quello fu un atto di guerra contro l’occupante nazista ed i suoi alleati, come per altro in seguito riconosciuto da diverse sentenze giudiziarie.

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8 Marzo

L’otto marzo non deve essere visto solo come il gesto di donare un ramoscello di mimosa, ma consapevolezza della necessità di lottare sempre di più per affermare i diritti delle donne, per arrivare ad una vera parità di genere.

Per questo, non metto il ramoscello di mimosa, ma una foto di tre Partigiane, una delle quali è Tina Merlin giornalista famosa per la sue inchieste sul disastro del Vajont, a ricordare tutte le donne che hanno lottato fieramente nella Resistenza, ma che hanno visto, dopo la Liberazione, il loro ruolo dimenticato o, quanto meno, marginalizzato.

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80 anni dal sacrificio dei Fratelli Cervi

Il 28 dicembre 1943, giusto 80 anni fa, venivano fucilati a Reggio Emilia dai fascisti repubblichini i sette Fratelli Cervi, per le loro partecipazione alla Lotta di Liberazione nell’Appennino Emiliano..

I sette fratelli Cervi erano contadini originari di Campegine, figli di Alcide (1875-1970) e di Genoeffa Cocconi (1876-1944), e furono decorati  di Medaglia d’argento al Valor Militare “alla memoria” dall’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi.

I loro nomei erano: Gelindo (nato il 7 agosto 1901), Antenore (30 marzo 1904), Aldo (9 febbraio 1909), Ferdinando (19 aprile 1911), Agostino (11 gennaio 1916), Ovidio (13 marzo 1918) ed Ettore (2 giugno 1921).

Insieme al padre svolsero diverse attività di sostegno sia ai gruppi partigiani che operavano nell’Appennino Emiliano, sia dando sicuro rifugio nella loro cascina a militari sovietici, inglesi, americani ed irlandesi che erano rimasti tagliati fuori dalle loro unità.

Furono catturati nell’aia della loro cascina da fascisti repubblichini che li accusarono di aver ucciso il segretario comunale del loro paese. Per questa falsa accusa furono condannati a morte e fucilati all’alba del 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

Insieme ai sette Fratelli Cervi fu assassinato dai fascisti repubblichini Quarto Camurri, Partigiano.

Il padre Alcide portò avanti per tutta la sua lunga vita il ricordo dei suoi figli e degli ideali che li mossero, partecipando ad iniziative antifasciste in diverse parti del mondo. Alcide Cervi morì a 94 anni il 27 marzo 1970, salutato ai suoi funerali a Reggio Emilia da oltre 200.000 persone

La famiglia Cervi

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29 settembre 1944:la strage di Monte Sole

Il 29 settembre 1944 ebbe inizio la serie di stragi note come “Strage di Monte Sole” o, spesso più di frequente, come “Strage di Marzabotto“.

In realtà le stragi, che si conclusero il 5 ottobre furono perpetrate in diversi centri abitati dell’Appennino bolognese, posti sulle pendici del Monte Sole: Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno.

Responsabili dell’efferata strage furono i soldati dell’esercito tedesco, delle SS e fascisti repubblichini, più che altro impegnati come delatori, spie ma anche partecipanti direttamente alle stragi.

La strage di Monte Sole fu la più pesante in termini di perdite di cittadini inermi, e seguì quelle di Sant’Anna di Stazzema e di Vinca, in una lunga striscia di sangue che seguì la fuga verso nord dei soldati tedeschi. Ad essi era stato dato l’ordine da parte del feldmaresciallo Kesserling di fare “terra bruciata” nelle zone ove combattevano le formazioni partigiane.

Incaricato di ciò fu il maggiore Reder, comandante del 16° battaglione Panzer Aufklärung Abteilung della 16° Panzer Granadier Division “Reichs Führer SS”, uno dei peggiori criminali di guerra del teatro italiano.

Il 29 settembre le truppe naziste si avvicinarono alla frazione di Casaglia di Marzabotto. Gli abitanti, in maggior parte anziani, donne e bambini si radurarono in preghiera nella chiesa di Santa Maria Assunta. I nazisti entrarono nella chiesa, uccisero il parroco ed alcuni anziani, ed ordinarono agli altri di recarsi al cimitero e lì 197 innocenti, dei quali 50 bambini, furono massacrati con mitragliatrici e bombe a mano.

Da lì iniziò una esplosione di ferocia insensata che portò i soldati tedeschi, guidati da fascisti, in ogni frazione della zona, Caprara, Cerviano, Creva, ed in altri casolari isolati ad uccidere senza pietà chi vi fosse trovato.

La ferocia dei nazifascisti fu tale che alcuni bambini furono decapitati, altri civili inermi fatti a pezzi con le bombe a mano, o con mitragliatrici pesanti.

Il tutto durò sei giorni, sei giorni in cui la degenerazione prese il sopravvento su qualsiasi senso di umanità. Una lunga striscia di sangue che alla fine contò qualcosa come 1830 vittime, tra quelli uccisi e quelli che morirono successivamente in conseguenza delle ferite ricevute.

A distanza di 79 anni dalle stragi di Monte Sole, la memoria di queste deve restare viva in ogni persona che si riconosca nei valori della democrazia, tanto più in un momento dove rigurgiti fascisti, teorie negazioniste e sovraniste sono purtroppo riemerse.

Concludo riportando una foto della lapide ad ignominia, epigrafe di Piero Calamandrei indirizzata al feldmaresciallo Kesserling.

 

 

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Salvador Allende

Salvador Allende: 50 anni dall’uccisione

L’ 11 settembre del 1973 il Presidente del Cile Salvador Allende moriva durante l’assalto ed il bombardamento da parte di militari golpisti.

Si concludeva, nel più tragico dei modi, il governo di Unidad Popular nato dalle democratiche elezioni del 1970 ed iniziava una delle più efferate dittature del XX secolo, con a capo il generale Augusto Pinochet, che con metodi brutali, torture, esecuzioni sommarie, detenzioni, restò al potere fino fino al 1990.

Il golpe fu orchestrato dal governo USA, in particolare dal Segretario di stato Henry Kissinger e dal Presidente Richard Nixon che ritenevano contro gli interessi americani un governo a prevalenza socialista, un Presidente che si definiva marxista, amico di Fidel Castro e, soprattutto, per evitare che governi simili potessero nascere in altri paesi dell’America latina.

Da non dimenticare l’influenza delle teorie neoliberiste dei Chicago Boys che furono da Pinochet assoldati per annullare le nazionalizzazioni volute da Allende, a partire da quella più importante delle miniere di rame (Nacionalización de la Gran Minería del Cobre del 1971).

L’11 settembre 1973 l’epilogo con l’assalto al palazzo presidenziale della Moneda, il suo bombardamento aereo, Salvador Allende ed i suoi collaboratori a difendere il palazzo eretto a simbolo della democrazia con fucili e mitra, cadendo sotto i colpi dei militari.

Salvador Allende morì ucciso nell’attacco, secondo altre ipotesi suicidandosi per non farsi prendere vivo. L’una e l’altra versione simboleggiano la grandezza dell’Uomo, il suo non volersi arrendere di fronte a militari che avevano tradito il loro giuramento.

Allende entra di diritto nel novero dei grandi del XX secolo come esempio di rivoluzionario per via democratica.

Personalmente ricordo di quei giorni una manifestazione autoconvocata di studenti e lavoratori davanti al consolato cileno a Genova, in Via D’Annunzio e le successive assemblee universitarie. Ricordo anche il più famoso gruppo musicale cileno, gli Inti Illimani, che si trovavano in tournee in Italia dove trovarono asilo politico.

Ben diverso il destino di un altro grande esponente della musica andina, Victor Jara, sostenitore di Allende, che fu catturato dai militari golpisti, torturato brutalmente ed, infine, ucciso il 16 settembre.

L' 11 settembre del 1973 il Presidente del Cile Salvador Allende moriva durante l'assalto ed il bombardamento da parte di militari golpisti. Si concludeva, nel più tragico dei modi, il governo di Unidad Popular nato dalle democratiche elezioni del 1970 ed iniziava una delle più efferate dittature del XX secolo, con a capo il generale Pinochet, che con metodi brutali, torture, esecuzioni sommarie, detenzioni, restò al potere fino fino al 1990. Il golpe fu orchestrato dal governo USA, in particolare dal Segretario di stato Henry Kissinger e dal Presidente Richard Nixon che ritenevano contro gli interessi americani un governo a prevalenza socialista, un Presidente che si definiva marxista, amico di Fidel Castro e, soprattutto, per evitare che governi simili potessero nascere in altri paesi dell'America latina. Da non dimenticare l'influenza delle teorie neoliberiste dei Chicago Boys che furono da Pinochet assoldati per annullare le nazionalizzazioni volute da Allende, a partire da quella più importante delle miniere di rame (Nacionalización de la Gran Minería del Cobre del 1971). L'11 settembre 1973 l'epilogo con l'assalto al palazzo presidenziale della Moneda, il suo bombardamento aereo, Salvador Allende ed i suoi collaboratori a difendere il palazzo eretto a simbolo della democrazia con fucili e mitra, cadendo sotto i colpi dei militari. Salvador Allende morì ucciso nell'attacco, secondo altre ipotesi suicidandosi per non farsi prendere vivo. L'una e l'altra versione simboleggiano la grandezza dell'Uomo, il suo non volersi arrendere di fronte a militari che avevano tradito il loro giuramento. Allende entra di diritto nel novero dei grandi del XX secolo come esempio di rivoluzionario per via democratica. Personalmente ricordo di quei giorni una manifestazione autoconvocata di studenti e lavoratori davanti al consolato cileno a Genova, in Via D'Annunzio e le successive assemblee universitarie. Ricordo anche il più famoso gruppo musicale cileno, gli Inti Illimani, che si trovavano in tournee in Italia dove trovarono asilo politico. Ben diverso il destino di un altro grande esponente della musica andina, Victor Jara, sostenitore di ALlende, che fu catturato dai militari golpisti, torturato brutalmente ed, infine, ucciso il 16 settembre.

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Buon compleanno Sen.Liliana Segre

Oggi la Senatrice a vita Liliana Segre compie 93 anni. Un traguardo importante che avrebbe potuto non raggiungere mai se non fosse riuscita a scampare alla violenza omicida di nazisti e fascisti.

Del suo internamento nel lager di Auschwitz-Birkenau, degli orrori visti e del fatto che solo 25 dei 760 bimbi ebrei italiani internati ad Aushwitz riuscirono a tornare, dopo qualche anno di silenzio, iniziò a coltivare la memoria dell’Olocausto, incontrando specialmente giovani nelle scuole.

Alla Senatrice Liliana Segre auguro lunga vita e di poter disporre delle forze necessarie a continuare il suo lavoro.

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MLKing

I have a dream

Il 28 agosto 1963, ebbe luogo la “Marcia su Washington per il lavoro e la libertà“; circa 300 mila persone, di ogni etnia, marciarono per protestare contro la mancanza di diritti civili per i cittadini neri in molti stati dell’Unione, contro quella che era definita la “discriminazione razziale“.

 

Al termine della marcia, durante la quale riecheggiarono le parole della famosa canzone “We shall overcome“, di fronte al Lincoln Memorial, si tennero discorsi di rappresentanti delle organizzazioni politiche e religiose che avevano organizzato la marcia.

L’intervento del Reverendo Martin Luther King Jr., ricordato dalla frase, più volte ripetuta, “I have a dream“, restò e resta come una delle più grandi orazioni politiche della storia dell’umanità.

Sono passati 57 annni, ed ancor oggi rigurgiti razzisti e fascisti, soprattutto nel nostro paese, rendono ancor più forte quella frase: “Io ho un sogno, che i miei figli possano vivere in una nazione ove non saranno giudicati per il colore della loro pelle ma per le loro qualità”

Il sogno rimane.

7:01
4K DeOldify | Dr. Martin Luther King Jr. I have a Dream Speech - COLOR
15 Febbraio 2020
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Strage di Vinca

79 anni dalla strage nazifascista di Vinca

Alla fine dell’agosto del 1944, esattamente dal 25 al 27, truppe tedesche in ritirata verso il nord, comandate dal maggiore Walter Reder, compirono in più riprese una delle peggiori stragi di inermi civili della II guerra mondiale, paragonabile a quelle di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto.

Il pretesto fu quello di rappresaglia ad un attacco partigiano nei confronti di alcuni automezzi tedeschi nella strada che da Monzone conduce a Vinca,  frazioni del comune di Fivizzano, in Lunigiana.

Il 24 agosto diversi automezzi con soldati tedeschi e militi repubblichini italiani salirono alla frazione di Vinca ed iniziarono una metodica ricerca degli abitanti, che, al momento, erano soltando donne, anziani e bambini in quanto gli uomini validi si erano rifugiati nei boschi soprasil pretanti.

Quindi il pretesto della rappresaglia venne subito a cadere in quanto nemmeno un partigiano era lì presente, ma ciononostante la brutalità dei nazifascisti non conobbe pietà verso inermi civili. Molti furono uccisi sul momento, molte case furono incendiate, alcune con dentro i loro proprietari, alcuni furono decapitati e, orrore senza giustificazioni, ad una donna gestante fu strappato il feto.

Il giorno successivo, 25 agosto, gli uomini che si erano nascosti nei boschi fecero ritorno al paese cercare di spegnere gli incendi, vedere se vi fossero superstiti e a seppellire i morti. Fu un tragico errore in quanto i tedeschi ed i repubblichini fecero ritorno ed uccisero quanti fossero lì presenti.

Alla fine furono 173 o 174 le vittime accertate, alcune, come detto, bruciate, altre impalate o decapitate. Una strage voluta dal maggiore Reder al solo scopo di spaventare le popolazioni civili e non certo come rappresaglia in quanto nessun partigiano si trovava a Vinca.

Walter Reder fu successivamente responsabile della strage di Marzabotto ma riuscì a rientrare in Germania. Nel 1948 fu estradato in Italia e nel 1951 condannato all’ergastolo. Purtroppo nel 1985 il Governo Craxi ne autorizzò la scarcerazione preventiva, probabilmente in cambio di qualche beneficio da parte del governo della Repubblica Federale di Germania per cui il criminale potè finire i suoi giorni in libertà.

Per questa strage non furono mai fatte indagini approfondite, in particolare per scoprire chi fossero i militi repubblichini coinvolti ed assicurarli quindi alla giusta punizione.

Il 25 agosto 2019 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il Presidente Federale della Germania Frank-Walter Steinmeier hanno commemorato insieme i caduti di Vinca ed il Presidente Steinmeier ha pubblicamente chiesto perdono a nome di tutti i tedeschi.

Questa strage, come altre nelle quali sono stati coinvolti italiani aderenti alla Repubblica sociale, deve essere di monito perenne affinchè non possa più risuscitare alcuna forma di fascismo.

Strage di Vinca
I martiri di Vinca
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